Swiss panel LGBTIQ+ 2021: la fotografia del Paese reale

L’approvazione, tramite referendum, del matrimonio egualitario lo scorso settembre, ha rappresentato un traguardo importante non solo per la comunità LGBTIQ+, ma per tutta la società civile elvetica.

Per avere però una fotografia della vita quotidiana, è opportuno leggere il rapporto di sintesi 2021 del panel svizzero LGBTIQ+, elaborato dalle dottoresse Tabea Haessler (Università di Zurigo) e Leila Eisner (Università di Losanna), pubblicato poche settimane fa. Lo scopo di questa inchiesta nazionale era di rappresentare tutte le persone LGBTIQ+, indipendentemente dal grado di istruzione e dal luogo di residenza. Più di 3000 persone, di tutti i generi e orientamenti sessuali, livelli di istruzione, residenti in tutti i cantoni del Paese, hanno risposto a un questionario molto dettagliato, contribuendo così a scattare una fotografia del Paese reale.

I risultati di questa indagine sono, a mio parere, molto interessanti. I principali sono i seguenti:

  • Un terzo dei membri delle minoranze sessuali non ha fatto coming out sul posto di lavoro o nell’ambiente universitario. Nel contesto scolastico la percentuale sale al 50%. I numeri sono ancora più pronunciati tra i membri delle minoranze di genere (i.e. le persone transgender): due terzi delle persone intervistate non hanno fatto coming out nei contesti scolastico, universitario o lavorativo.
  • Nonostante la pandemia di Covid-19 abbia ridotto di molto i contatti tra le persone, il 7% dei membri delle minoranze sessuali e il 15% dei membri delle minoranze di genere ha subito violenza fisica.
  • Come negli anni precedenti, i membri delle minoranze di genere hanno riportato più discriminazione, meno sostegno e meno benessere rispetto alle minoranze sessuali.
  • Una importante fonte di sostegno sono le amicizie e le altre persone LGBTIQ+.
  • Le persone bisessuali e pansessuali subiscono più discriminazioni rispetto alle persone omosessuali.

Leggendo i dettagli del rapporto, mi ha colpito molto il fatto che il 67.7% delle persone religiose praticanti non abbia fatto coming out praticamente con nessuno. Le chiese, che dovrebbero essere luoghi di accoglienza e inclusione, sembrano non svolgere questo compito come ci si aspetterebbe.

Non mi stupisce invece che un’ampia maggioranza dei membri delle minoranze di genere abbia segnalato di aver subito una discriminazione strutturale e di essere stati esclusi socialmente a causa della propria identità. Non mi sorprende nemmeno che la sessualità delle persone bi- e pansessuali non sia presa sul serio: si fa ancora molta fatica a capire che l’orientamento sessuale possa essere fluido. Mi addolora invece uno dei commenti che ho letto nel rapporto, che riporto qui per intero: “Ho subito più discriminazioni xenofobe in Svizzera che discriminazioni contro l’essere gay. Soprattutto contro i balcanici, ma anche contro i tedeschi, e il razzismo schietto contro i neri”. Mi addolora ma, ancora una volta, non mi stupisce.

Non ho i dati per affermarlo, ma la mia sensazione è che il quadro svizzero non sia dissimile da quello degli altri Paesi europei. Il concetto di intersezionalità sembra non essere affatto digerito dalla società contemporanea, eppure è lì che bisogna insistere per un mondo veramente inclusivo, non importa di quale diversità si tratti. E’ chiaro che, per un’inclusione efficace, le leggi non sono sufficienti, ma sono solo il primo, necessario traguardo. La Svizzera ha raggiunto un primo traguardo con l’approvazione del matrimonio egualitario (speriamo la imiti presto anche l’Italia), ma il cammino per una vera inclusione è ancora lungo, e mai bisogna abbassare la guardia.

7 Comments

  1. Grazie per il riassunto e per ricalcare quanto sia ancora difficile essere sé stessi. Soprattutto se migranti, di colore o con orientamenti e desideri più flessibili. Così come precisamente i luoghi che dovrebbero essere simboli di inclusione siano di fatto quelli più discriminatori. E l’inclusione si fa innanzitutto con piccoli gesti.

  2. Condivido il tuo pensiero, Maurizio. E penso che la mancata accettazione e/o discriminazione sia sempre frutto di ignoranza e mancanza di rispetto per l’altro: da qui nasce il bisogno di dover sempre categorizzare, di dividere il prossimo in “noi vs loro”, di stabilire delle gerarchie che implicitamente autorizzano la prevaricazione.
    Le leggi sono fondamentali per garantire i diritti di tutti, ma la base del rispetto è nell’educazione e nell’istruzione. È il modello attuale di scuola -tecnicistica e materialista- che avrebbe ripensato.

  3. Imbarazzante il fatto che nel 21mo secolo non si parli di essere umani, uguali e viventi, ma di generi colori etnie etc etc …. e la Svizzera non è l’unica nazione a pensarla così…. purtroppo non ne usciremo mai,ci sarà sempre qualcuno che odierà qualcun altro reputato “diverso”…
    Grazie Maurizio ….al solito

  4. Grazie Maurizio per evidenziare questo studio e i risultati non certo positivi ma come ribadisci tu non sorprendenti, purtroppo, per noi che viviamo in Svizzera. Il matrimonio egalitario è un passo legislativo importante ma non certo sufficiente. Il cambiamento culturale necessita ancora di parecchio tempo

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