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Referendum del 12 giugno 2022: le spiegazioni e l’opinione di un’amica magistrato

Map of Italy with flag.

Come tutti gli italiani all’estero, settimane fa ho ricevuto il materiale per votare i referendum del prossimo 12 giugno. Da profano, ho trovato i quesiti troppo tecnici, e quindi, secondo la mia modesta opinione, non votabili con competenza dal comune cittadino, a partire da me. Ho la fortuna di avere, tra le più care amiche, un magistrato, e così ho osato chiederle di spiegare questi referendum per i lettori di “Pappece blog”; ecco quello che ha scritto:

In questi giorni di pre referendum, mi sono sentita chiedere più volte di fornire spiegazioni sul significato e le conseguenze dei quesiti dei cinque referendum sulla giustizia.

Perché, contrariamente a precedenti referendum, oggi non si trattano grandi temi, dal significato chiaro e che interessano la collettività ( come furono i referendum sul divorzio, aborto, nucleare, acque pubbliche), ma grazie alla modifica delle norme relative alle modalità di raccolta delle firme necessarie per promuovere la consultazione, i cittadini sono chiamati a pronunciarsi su argomenti estremamente tecnici e lontani dalla loro vita quotidiana e che richiederebbero dibattito ed approfondimento ben superiore rispetto alle “pillole” dispensate dai mezzi di informazione.

Già è difficile spiegare- al di là dei facili slogan dei promotori- cosa significhi e cosa comporterà la separazione delle carriere fra pubblici ministeri e giudici ( e pochi sanno la differenza fra i due), diventa ancora più difficile pensare che chi è chiamato al voto sappia cosa sia un Consiglio Giudiziario, quali siano i suoi compiti, e in cosa differisca da un Consiglio Giudiziario “ allargato “.

Stento poi ancora a credere che si possa avere indetto un referendum per far decidere se un magistrato per candidarsi al CSM abbia bisogno o meno di essere sostenuto da 25 ( dico 25) colleghi: meno dei partecipanti ad una assemblea di condominio.

Il fatto è che, come ormai usuale in Italia, alla paralisi del potere legislativo si ovvia con sistemi di “ supplenza”: la magistratura, a partire dagli anni settanta è stata chiamata, suo malgrado, a supplire a grandissimi vuoti legislativi in tema di diritti fondamentali ( dalla tutela dell’ambiente, al riconoscimento del danno biologico, alla tutela dei diritti dei lavoratori, da ultimo alla tematica del fine vita) : ora la incapacità di trovare accordi sui temi, anche minuti, della giustizia fa sì che tali temi siano decisi attraverso uno strumento che è sì espressione di massima democrazia, ma che demanda ai singoli delle decisioni senza, a mio parere, fornire adeguati strumenti tecnici e di conoscenza.

Cercherò quindi di spiegare in poche parole il significato dei quesiti, le possibili conseguenze di un loro accoglimento.

Referendum sulla separazione delle e carriere ( più correttamente, delle funzioni) fra Pubblici ministeri e Giudici.

La proposta di introdurre la separazione delle carriere è stato un cavallo di battaglia di diverse forze politiche da decenni.

I promotori sostengono di voler evitare una eccessivo contatto fra chi fa le indagini, raccoglie le prove e sostiene l’accusa ( il Pubblico Ministero) e chi giudica, onde evitare reciproci condizionamenti ed influire quindi sulla “terzietà” del Giudice

Ho perfino sentito censurare la possibilità che – anche se non coinvolti nello stesso processo – un Giudice prenda un caffè con il collega pubblico ministero. Salvo poi non scandalizzarsi in egual modo se lo stesso Giudice prende lo stesso caffè con un avvocato , compagno di università.

Si sostiene poi la inopportunità che un magistrato cambi ruolo nel corso della carriera, per evitare “contaminazioni” dei ruoli. Ciò a mio parere potrebbe avere un senso in realtà di uffici giudiziari di ridotte dimensioni.

La realtà è che la separazione delle funzioni è già in atto dal 1999: non si può mutare ruolo se non cambiando regione e andando quindi a ricoprire il nuovo ruolo in un ambiente del tutto “ vergine” rispetto a quello in cui si è operato fino a quel momento. Ed infatti, in concreto, i passaggi fra ruoli sono pochissimi.

La riforma Cartabia, in approvazione, limita la possibilità di passaggio di ruolo ad una volta nel corso della carriera lavorativa: mi pare prescrizione ampiamente sufficiente ed equa, che consentirebbe ai giovani magistrati di prima nomina,

costretti, dalla disponibilità dei posti, a ricoprire un ruolo che non hanno in realtà scelto, in una sede magari lontanissima da quella famigliare e degli affetti , una maggior mobilità per passare, dopo almeno quattro anni ( termine minimo per i trasferimenti) ad un ruolo e ad una sede più congeniali.

Sottolineo, infine, per esperienza personale, che lo svolgimento nel corso della carriera delle diverse funzioni crea un importante arricchimento professionale dei magistrati e quindi un miglior servizio.

Il Giudice che è stato Pubblico Ministero conosce e comprende i meccanismi investigativi e può quindi avere maggior capacità di esercitare le sue facoltà di “approfondimento” dei fatti nel corso del processo . Ancora più importante, il Pubblico Ministero che è stato Giudice svolgerà le indagini non ricercando la “condanna” a tutti i costi, ma avrà ormai introiettato il senso di equità, di valutazione delle prove anche a favore, di accertamento della verità, che devono guidare anche il suo operato.

Io credo che dietro i facili slogan, però, la separazione delle funzioni sia un passo avanti, sulla via, già intrapresa, di allontanare il pubblico ministero dalla cultura della giurisdizione, in ottica di arrivare ad una riforma costituzionale per la separazione delle carriere ( due concorsi diversi, due CSM diversi) , favorendo un maggior controllo della politica ed in particolare dell’esecutivo sul Pubblico Ministero e quindi sulle indagini svolte e sui reati a cui dare “priorità” .

Già ora la riforma Cartabia prescrive di comunicare al ministro della giustizia i progetti organizzativi delle procure della repubblica e conferisce al parlamento il compito di indicare le “priorità” nei reati da perseguire.

E vorrei essere certa che il potere politico, nelle diverse maggioranze che si susseguiranno, sosterrà sempre caldamente la “priorità” delle indagini, ad esempio, su reati compiuti da pubblici amministratori, su reati commessi dalle forze dell’ordine.

Referendum sull’abolizione legge Severino

La legge Severino stabilisce la incandidabilità ( o decadenza se già in carica) a cariche politiche ( Parlamento Italiano, parlamento Europeo, incarichi di Governo, organi politici e di amministrazione regionale ) in caso di condanna definitiva per determinati reati di particolare gravità o connessi allo svolgimento delle funzioni pubbliche.

Prevede inoltre, solo per gli organi politici e amministrativi regionali, la sospensione dalla carica anche in caso di condanna non definitiva, con decadenza se diventerà definitiva o reintegrazione in caso di assoluzione.

Abrogando la legge si abrogherebbero entrambe le disposizioni

Osservo due cose.

Sono abbastanza d’accordo sui rischi di incidere sulla vita politica e professionale di un pubblico amministratore locale che abbia riportato una condanna non definitiva, sospeso dalla carica, con clamore mediatico locale e poi magari assolto: il principio di presunzione di innocenza è uno dei pilastri non solo giuridici ma anche etici del nostro sistema.

Mi piace pensare che, in questi casi, dovrebbe intervenire una sorta di “etica politica” : dovrebbe essere il soggetto condannato in via non definitiva, in accordo con i suoi referenti politici a valutare l’opportunità di “farsi da parte” fino all’accertamento definitivo.

Ritengo invece corretto tale divieto a fronte di condanne definitive: condanne che magari attengono a reati collegati alla criminalità organizzata – e cioè proprio a quei contesti in cui la libertà del voto non è sempre assoluta e garantita.

Insomma, a mio parere abrogando l’intera legge- come vuole il quesito- si rischierebbe di “ buttare via il bambino con l’acqua sporca”: per salvare il sacrosanto concetto della presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva si ritornerebbe alla possibilità di elezione in parlamento, o di non decadenza di politici condannati in via definitiva anche per gravi reati.

Inoltre, dare il potere ai giudici di decidere caso per caso se dichiarare la incandidabilità o la decadenza ( come vogliono i promotori) significa investirli nuovamente di quel potere di “ supplenza” per cui, poi, saranno accusati di

fare politica”.

Ultima considerazione. La legge che si vuole abrogare è una legge che si è data autonomamente la politica, in una spinta moralizzatrice.

E’ una legge che è stata accompagnata dal proclama che “ ce lo chiedeva l’Europa”

Mi sfugge perché ora si decida di fare marcia indietro.

Referendum sulle misure cautelari

Già lo slogan con cui viene proposto il quesito (“limitare gli abusi della custodia cautelare” ) è oltremodo scorretto e manipolatorio: sottende chiaramente che il magistrato che le applica lo faccia al di fuori dei casi consentiti, abusando di un potere conferitogli. Lo scopo del referendum è invece eliminare dall’ordinamento, alla radice, la possibilità di applicare misure cautelari in ipotesi fino ad oggi consentite.

Il Giudice che applica una misura cautelare, lo fa in base ad una previsione di legge che indica limiti e criteri di applicazione e la sua valutazione è sottoposta a tre gradi di giudizio . Più corretto sarebbe dire “limiti ai casi di applicazione di custodia cautelare”.

Breve premessa tecnica: le misure cautelari ( restrizioni della libertà personale prima della condanna) sono diverse e graduabili: obbligo di firma alla polizia, obbligo/divieto di dimora, divieto di avvicinamento a determinati soggetti, e custodia cautelare, agli arresti domiciliari oppure in carcere.

Possono essere applicate solo per reati di una certa gravità, in presenza di prove o di gravi indizi di reato e per periodi determinati dalla legge.

La custodia cautelare ( in carcere o agli arresti domiciliari) ha maggiori limitazioni: in presenza di gravi indizi, può essere applicata per reati di particolare gravità ( con pena superiore a cinque anni di reclusione) , per periodi maggiormente limitati. In caso di successiva condanna il periodo trascorso in custodia cautelare viene detratto dalla condanna.

L’applicazione di misura cautelare “passa” attraverso diversi vagli: il Pubblico Ministero la richiede, il Giudice per le indagini preliminari, se vi sono i presupposti, la applica. L’indagato, entro cinque giorni, deve essere interrogato con il difensore e può scagionarsi. Il Tribunale per il Riesame rivaluta la sussistenza dei presupposti della misura e la può annullare. L’indagato può ricorrere infine in Cassazione: insomma, sono passati più di trent’anni dai tempi in cui il Pubblico Ministero spiccava il temibile “ ordine di cattura” in piena autonomia.

Le misure cautelari possono essere applicate in presenza di uno di questi requisiti

  1. Pericolo di inquinamento probatorio ( cioè di “inquinare “ le prove, ad esempio facendo sparire documenti, armi del delitto, contattando testimoni per fare pressioni o concordare versioni difensive).
  2. Pericolo di fuga
  3. Pericolo di commissione di gravi reati contro l’incolumità
  4. Pericolo di reiterazione di reati analoghi a quello commesso.

Il referendum vuole abrogare l’ultima possibilità: non si potrà applicare alcuna misura cautelare in ragione del pericolo di reiterazione del reato.

Quindi, ad esempio, il ladro seriale arrestato all’interno di un appartamento in flagranza dell’ennesimo furto dovrà essere lasciato libero. Però, il proprietario di casa potrà sparargli in faccia per legittima difesa……

La banda di truffatori, che si introducono in casa di persone anziane fingendosi addetti del gas o delle poste  e derubandole o facendosi consegnare denaro, non potrà essere fermata sulla base dei riconoscimenti da parte delle vittime e neppure in  caso di piena confessione.

Il trafficante di stupefacenti, colto in possesso di un chilo di cocaina sarà arrestato ed immediatamente rilasciato.

Ritengo ( ma qui il discorso si fa più tecnico) che non potrà applicarsi alcuna misura, neanche il divieto di avvicinamento alla persona offesa, allo stalker che non abbia ancora compiuto atti di franca violenza, limitandosi ad esempio a pedinare quotidianamente la vittima, farsi trovare sotto casa e sul posto di lavoro, mandarle messaggi minacciosi e simili.

Sono d’accordo su quanto sia terribile l’ipotesi – per mia esperienza per fortuna rara, se i meccanismi di “controllo” hanno funzionato- di applicazione della custodia ad un soggetto che poi venga assolto, perché la “verità processuale” ne ha stabilito l’innocenza, per mancanza o insufficienza di prove: in questo caso l’attività risarcitoria dello Stato non ripagherà certamente la privazione di libertà.

Sono però anche un po’ stufa di sentir dire che “Lo arrestano e poi c’è sempre un Giudice che lo rimette fuori”. Decidetevi.

E poi…. Non è un po’ contraddittorio andare a suonare ai citofoni per “stanare” uno spacciatore seriale ( se tale è) e poi promuovere un referendum che impedisca di interromperne l’attività?

Referendum su Consigli Giudiziari

I Consigli Giudiziari sono organi di autogoverno locale. In modo molto atecnico si potrebbe dire che sono l’espressione locale del CSM.

Sono investiti di numerosi compiti di autogoverno e agiscono in due diverse composizioni: una composizione “ allargata”, a cui partecipano anche gli avvocati ( e che decide principalmente in materia di organizzazione del lavoro del Tribunale, di distribuzione dei processi e di gestione amministrativa) e una composizione solo “togata”, a cui partecipano solo i magistrati.

In questa composizione il Consiglio Giudiziario esprime le valutazioni di professionalità a cui periodicamente ( per la precisione, sette volte nel corso della carriera ed ogni qualvolta si concorra ad un posto direttivo) sono sottoposti tutti magistrati. Alla valutazione positiva consegue uno scatto di anzianità e di retribuzione.

La valutazione viene fatta sulla base di griglie di valutazione molto dettagliate e specifiche e sulla base dell’esame di provvedimenti ( sentenze, verbali ecc) estratti a sorte ed a campione.

Il referendum chiede di abrogare la norma che esclude la presenza degli avvocati a tali valutazioni.

In sostanza, come ho sentito dire, si vuole che anche gli avvocati diano “ la pagellina” ( e già il termine utilizzato, a fronte di una valutazione basata su indici numerosi e complessi mi pare francamente ridicolo e un po’ umiliante) agli

“ scolaretti” magistrati.

Al di là della terminologia da scuola elementare, richiamo semplicemente l’attenzione sulla possibilità che la prospettiva di tali valutazioni possa incidere sulla serenità di giudizio di un magistrato: sarà veramente “libero” il giovane magistrato che deve decidere se dare torto ad un avvocato, in una causa che vale milioni di euro, se sa che il giorno dopo quello stesso avvocato potrà, con il suoi voto incidere sulla sua progressione in carriera?

Ci sono altri metodi e modalità per far emergere comportamenti non professionali: gli avvocati hanno già diritto di segnalazione di irregolarità e carenze al consiglio giudiziario.

Quesito sulle modalità di candidatura al CSM

Ho già detto sulla completa inutilità di questo referendum. Il suo accoglimento non modificherà la composizione del CSM né le sue attribuzioni: in altre parole, non lo riformerà in alcun modo.

Semplicemente, chi vuole candidarsi non avrà bisogno di chiedere il sostegno di alcuni colleghi.

Non credo proprio che questa nuova possibilità risolverà il problema dello scorretto utilizzo del sostegno correntizio nelle decisioni del CSM.

In conclusione, ritengo che i referendum promossi , se accolti avrebbero conseguenze dannose, o, al più sarebbero totalmente inutili e ininfluenti.

Credo quindi che, per la prima volta in vita mia, non voterò: sia per oppormi alla decisione, tramite referendum abrogativo ( che fra l’altro creerebbe vuoti di legge) di questioni così diverse, complesse e tecniche che necessitano di approfondito dibattito parlamentare, sia perché il non votare- scelta legittima e motivata- sarebbe, ritengo, l’unico modo per dare incisività alle mie valutazioni.

7 Comments

  1. Come non darle ragione…su tutto. Onestamente, da cittadino che si è invano sforzato di capire inutilmente la questione, è tutto una profonda e palese contraddizione che ancora una volta mette in evidenza il vuoto politico su una materia complessa e molto lontana dalle esigenze della maggioranza degli italiani. Non si può che condividere amaramente anche l’epilogo prospettato.

  2. Sin dall’inizio ho trovato assurdo che il comune cittadino sia stato interpellato su questioni cosi tecniche. Ed infatti c’è una continua richiesta in giro di chiaramenti e spiegazioni dei quesiti. Questo articolo è molto utile, grazie Maurizio!

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