Arbnor Bekiri, ragazzo dell’Europa

Arbnor nasce a Urbino, nel gennaio del 1997, quinto e ultimo figlio dopo quattro sorelle. La madre, marchigiana, lavora presso il centro studi italiani; il padre, albanese, lavora come camionista ed è spesso lontano da casa a causa del lavoro. La famiglia è molto unita e il bambino cresce sereno nel paesino di Pole, frazione di Acqualagna. La sorella maggiore si occupa dei fratellini piccoli quando la madre è al lavoro, tanto da ricoprire per Arbnor il ruolo di seconda madre.

L’infanzia e la prima adolescenza trascorrono serene; Arbnor frequenta sia le scuole elementari che le medie a Pole, assieme ai suoi amichetti del paese; la sorella maggiore, che studia Architettura all’università, continua a essere il suo modello, tanto che il ragazzino sogna di diventare architetto, e perciò decide di iscriversi, dopo le scuole medie, all’istituto per geometri, che frequenta con profitto.

Arbnor a Zante

La crisi economica che attanaglia l’Italia dal 2008 non risparmia nemmeno la famiglia Bekiri; la madre perde il posto al centro studi italiani, mentre la ditta del padre fa sempre più fatica a sopravvivere, fino a che, nel 2013, viene dichiarato il fallimento. La madre di Arbnor trova un nuovo lavoro presso una lavanderia, mentre il padre è costretto a trasferirsi in Svizzera, presso le sorelle, dove poco tempo dopo trova un nuovo lavoro come camionista. Il resto della famiglia continua a vivere in Italia, ma le difficoltà aumentano, tanto che, nel 2015, la madre decide di raggiungere il marito in Svizzera, con i tre figli minori. Le due figlie maggiori, già adulte, si sono nel frattempo trasferite in Germania.

La famiglia Bekiri si stabilisce ad Auw, nel canton Aargau, dove arriva in novembre. Arbnor ricorda il lungo viaggio in macchina, il freddo, la neve… Il ragazzo si sente triste per aver lasciato il suo paesino nelle Marche e i suoi amici di sempre, ma allo stesso tempo vive questa situazione come una nuova avventura. L’inizio non è facile, perché Arbnor, come le sorelle, non parla il tedesco. Bisogna definire un percorso scolastico, con l’handicap della lingua da imparare. Gli viene proposto di frequentare un programma di integrazione a Baden, dove si incomincia a imparare il tedesco, oltre alla storia, alla geografia e alla cultura del paese elvetico. Il giovane frequenta i corsi con una delle sorelle, e si impegna per imparare la lingua quanto più velocemente possibile. I progressi sono notevoli, tanto che Arbnor spesso si annoia, perché gli altri studenti procedono molto più lentamente. L’insegnante di tedesco nota questo disagio e ne parla con la direttrice, che gli propone di frequentare il ginnasio. Arbnor sostiene perciò un colloquio presso il Gymnasium di Aarau, al termine del quale viene accettato per un semestre di prova.

Dopo l’entusiasmo iniziale, il giovane si rende conto che gli ostacoli da superare sono tanti. I compagni di scuola, quattordicenni, guardano con sospetto questo diciottenne con la barba, e non fanno alcuno sforzo per legare con il compagno più maturo. Arbnor riesce a legare con altre due ragazze di origine straniera, un po’ più giovani di lui ma un po’ più grandi del resto della classe, che hanno un vissuto simile al suo. Per ottenere buoni risultati deve studiare tantissimo, ma alcuni professori non sono certo di aiuto. Sebbene i voti siano soddisfacenti, e in alcune materie decisamente brillanti, l’ insegnante di tedesco e quello di contabilità non perdono occasione di invitare il ragazzo a tornare in Italia, certi che non riuscirà a integrarsi e a diplomarsi. Questo atteggiamento mina l’autostima del giovane italiano, che comincia a non sentirsi all’altezza della situazione. Si domanda se stia facendo la cosa giusta, se non sarebbe più opportuno frequentare un apprendistato. Si sente solo, ma decide di non condividere il suo disagio con il resto della famiglia: non vuole dare preoccupazioni ulteriori al padre, sempre in viaggio, e alla madre, che ha trovato lavoro in un ristorante e torna a casa molto tardi la sera. Ad Arbnor manca l’Italia, in particolare all’ora di cena, quando ricorda che, un tempo, si mangiava tutti insieme e ognuno raccontava la propria giornata, mentre qui in Svizzera si è costretti a cenare da soli.

Tutti noi, se torniamo con la mente ai tempi della scuola, ricordiamo quell’insegnante che ci ha cambiato la vita; per Arbnor si tratta dell’insegnante di italiano e storia, il professor Mugheddu, che lo sostiene, lo incoraggia, lo spinge a non mollare, trascorre diverse ore con lui per dargli ripetizioni di storia. E’ grazie a questo insegnante che il giovane ritrova la fiducia in se stesso e la forza di continuare a studiare, fino a ottenere la tanto agognata maturità. Il giorno del diploma i genitori di Arbnor sono, se possibile, ancora più emozionati di lui, e orgogliosi di questo figlio che, con una tenacia fuori del comune, è riuscito a diplomarsi in un liceo svizzero nonostante all’inizio di questo percorso non padroneggiasse la lingua tedesca.

Arbnor a Parigi

Il giovane ha cominciato a stringere amicizie importanti, prima fra tutte quella con una ragazza proveniente dallo Sri Lanka e adottata da genitori svizzeri, che ha subito anche lei diversi episodi di esclusione. Tramite lei conosce altre ragazze, che diventano amiche altrettanto importanti.

Dopo la maturità, Arbnor comincia a lavorare presso una società di assicurazione sanitaria ad Affoltern am Albis, nel canton Zurigo. Impara molte cose, alcune purtroppo spiacevoli; è infatti vittima, in più di un’occasione, di episodi di razzismo: alcuni clienti chiedono di essere messi in contatto con un operatore svizzero, e non straniero, rifiutando di parlare con lui.

Il lavoro è interessante, ma Arbnor sente che gli manca qualcosa, l’università. Decide di iscriversi al corso di laurea in International Management, e chiede al datore di lavoro supporto per lavorare part – time, ma questi lo scoraggia. Non gli resta che licenziarsi e cercare un nuovo lavoro che lo impegni solo nei weekend, che trova nel campo della ristorazione. Resta a lavorare presso quest’azienda fino a che non si trasferisce in Italia per frequentare un semestre all’università di Milano. Al rientro dopo l’esperienza italiana, inizia a lavorare nei weekend per una società di servizi di security, in modo da continuare a frequentare i corsi durante la settimana.

Ormai manca poco al traguardo della laurea; nelle prossime settimane, infatti, Arbnor comincerà a preparare la tesi. Prima, però, il giovane ha approfittato delle feste di fine anno per trascorrere del tempo prezioso con la famiglia; oltre che con i genitori, con le quattro sorelle, che lo hanno sempre sostenuto e reso meno duro il processo di integrazione e senza le quali, Arbnor lo sa, oggi non sarebbe la persona che è. Spera, in futuro, di diventare per i nove nipotini, e per il decimo che sta arrivando, quel punto di riferimento e sostegno che le sorelle sono state, e tuttora sono, per lui.

In attesa di raccontarvi dei suoi prossimi successi, a me non resta che esprimere tutta la mia ammirazione per la tenacia e l’energia di questo ragazzo dell’Europa.

 

5 Comments

  1. Quanto cammino ancora da fare contro la discriminazione.
    E grazie a tutte le persone che si comportano come il professor Mugheddu.
    Non servono eroi. Servono molte persone così.

  2. Difficile non mollare quando il mondo intorno a te ti etichetta come intruso e perdente. Capita spesso in storie di migrazione, anche nel breve percorso da una regione a un’altra. E quando ci sono la determinazione e un grande impegno l’accettazione è ancora più difficile. Ma le persone che tendono la mano per sostenere e condividere un tratto di strada, per quanto preziosissime, non sono rare: si trova, ovunque, prima o poi, chi vive la vita come scambio di amore e apre le porte anziché chiuderle.

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