“Più che conoscere ciò che vediamo noi vediamo ciò che conosciamo”

Una delle rubriche di questo blog, alla quale sono molto affezionato, è “Libri nascosti”, tramite la quale cerco di proporre libri che più mi colpiscono e che sono sconosciuti ai più, perché pubblicati da case editrici indipendenti, perché scritti da autori provenienti da altre latitudini, perché propongono tematiche o linguaggi inusuali. “Libri nascosti” è la rubrica più prolifica del mio blog, eppure si tratta della rubrica meno letta. Quando diffondo i miei articoli su Facebook, nelle pagine dedicate alla lettura, ricevo spesso dei “Like” da gente che nemmeno fa lo sforzo di aprire il link.

Angelo Di Liberto ha scritto, su Modus legendi, un articolo su questo tema, “Vediamo ciò che conosciamo”, che mi ha fatto molto riflettere, e che vi propongo qui. Cosa ne pensate?

4 Comments

    • Vero. E se l’editoria, soprattutto quella “grande”, avrebbe il dovere di “educare” i lettori alla buona lettura, noi lettori con un minimo di cultura abbiamo nostra volta un grande potere, quello di diffondere libri di qualità. E’ questo lo scopo di “Libri nascosti” e, anche se la rubrica ha avuto un crollo di lettori, continuerò nel mio piccolo a diffondere.

  1. In un mondo in cui il successo si valuta in termini numerici e secondo un’approvazione superficiale – followers e like – è diventata quasi una norma di buona educazione premiare con un like le persone cui si vuole bene o da cui ci si aspetta qualcosa. Ecco perché si distribuiscono a mani larghe senza leggere gli articoli.
    E ugualmente per le critiche: chi vuole esprimere contrarietà per partito preso non dedica tempi e attenzione ai contenuti ma solo ai titoli.

    Al di là di questo fenomeno contemporaneo, non è certo di oggi il favore “popolare” per qualcosa di facile e digeribile rispetto a “prodotti culturali” più complessi e impegnati.
    Chi oggi preferisce Gamberale o Carofiglio (per citare i nomi contenuti nella riflessione di Di Liberto) ieri criticava Picasso, e prima ancora gli Impressionisti, Goya, Caravaggio e Michelangelo (perdonami se cito gli artisti e non gli scrittori… ma lo faccio per fare affermazioni documentate).
    Ci saranno ora anche ragioni politiche ed economiche, ma temo che larga parte della ragione vada cercata nell’ambito dell’antropologia.

  2. “ la maggioranza dei lettori non è abituata alla comprensione di un linguaggio polisemico” . Mi sembra siano queste le parole di Angelo Di Liberto. Rifletto da anni su questo concetto, anche se non avrei saputo esprimerlo in maniera così semplice e diretta ( forse è anche questa la grandezza dell’autore), e attribuisco la colpa di tale carenza alla scuola, che nei decenni si è impoverita di contenuti e di valori…..
    Mi limito a questo, il discorso sarebbe troppo ampio…

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