Come ho ucciso Margaret Thatcher: i ricordi d’infanzia di Sean

Inizia

Margaret Thatcher, laureata in chimica, del partito conservatore, fu la prima donna a ricoprire il ruolo di primo ministro in Gran Bretagna, governando ininterrottamente dal 1979 al 1990. Ero un bambino, e questa persona, che vedevo quasi ogni sera al telegiornale, mi stava cordialmente antipatica. Quando, nel 1987, mi trasferii a Coventry per un mese per imparare l’inglese, scoprii che la signora Thatcher era antipatica anche a molti inglesi. Una delle cose che mi colpì fu la carta igienica con la faccia della presidente, prodotto che sarebbe diventato popolare in Italia qualche anno dopo, anche se più con intenti da tifo calcistico che politici.

Per queste ragioni, non potevo non leggere con curiosità il romanzo di Anthony Cartwright, Come ho ucciso Margaret Thatcher, pubblicato qualche mese fa dall’editore Alegre, con l’ottima traduzione di Alberto Prunetti.

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L’editore presenta il romanzo con le seguenti parole: Midlands, primi anni Ottanta. Sean è un bambino di nove anni cresciuto in una famiglia working class di tradizione laburista. Non si sarebbe mai immaginato niente di simile a quel che accade a partire dal giorno in cui Margaret Thatcher prende il potere.

Fino a quel momento aveva vissuto un’infanzia felice tra la grande casa dei nonni, i giochi e le risse con gli amici, le glorie e le disfatte del calcio locale. Ma adesso una persona esecrabile si affaccia quotidianamente dallo schermo della televisione, decisa a distruggere il mondo industriale in cui la sua comunità vive, a cominciare dalla fabbrica dove suo padre, esperto manutentore, ripara le macchine.

La Lady di ferro inganna anche suo padre e lo zio Eric, che all’inizio, inspiegabilmente, votano per lei. Nessuno riesce a ostacolarla mentre le sue privatizzazioni portano alla chiusura delle grandi fabbriche di Dudley distruggendo intere famiglie, a partire dalla sua.

Così Sean si mette in viaggio. Qualcuno deve fermare il treno della distruzione e vendicarsi. Non rimane altro da fare: uccidere Margaret Thatcher.

Divertenti e commoventi, queste pagine di Anthony Cartwright sono un capolavoro di letteratura working class, capaci di tratteggiare, in modo crudo e allo stesso tempo delicato, la realtà della deindustrializzazione e della disfatta delle comunità operaie di fronte all’avanzare del neoliberismo.

Ovviamente non dicevo a nessuno queste cose. Non ero stupido. Continuavo a correre giocando con Ronnie e gli altri. Di solito non avevo niente di cui preoccuparmi al mondo. In fondo ero solo un bambino. Ma rimaneva nell’aria una sensazione, quella per cui un giorno avremmo dovuto contrattaccare”.

Sono un amante della letteratura working class e mi colpisce sempre, in positivo, la capacità di tanti autori inglesi di raccontare, attraverso la vita quotidiana, i drammi e le miserie della classe lavoratrice. Il racconto di Sean ha, fatte le dovute proporzioni, delle similitudini con le discussioni politiche in casa mia, soprattutto quelle con alcuni parenti “destrorsi”, che cominciavano pacatamente e poi si trasformavano in urla continue, pur nel rispetto e nell’amore degli uni per gli altri; situazioni non dissimili da quelle che accadono con il nonno di Sean. Molto belle anche le pagine nelle quali Sean adulto riflette sugli eventi dell’infanzia, in un mix temporale di sicuro impatto per il lettore.

Non posso fare a meno di domandarmi quando leggeremo un libro simile sugli anni del berlusconismo; che esista già e mi è sfuggito? Nel caso, segnalatemelo pure, grazie.

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