Quando andavo a scuola io, dal 1977 al 1990, di colonialismo italiano non si parlava; se qualcuno ne accennava, era per dire che si era trattato di un colonialismo “diverso” e che gli italiani erano “brava gente”. No, non è colpa dei professori che ho avuto, non erano più ignoranti dei loro colleghi: ci insegnavano semplicemente ciò che avevano appreso a loro volta. L’accesso agli archivi su questo argomento è stato, per molti anni, accessibile solo a pochi eletti.
Per anni mi sono accontentato di queste spiegazioni ma poi, crescendo, ho cominciato a provare un senso di insoddisfazione per queste informazioni parziali e, visitando diversi Paesi dell’Africa (anche se non ho ancora visitato le ex colonie italiane), ho capito che la storia doveva essere un’altra. Ho cominciato a documentarmi, da autodidatta, facendomi guidare dagli articoli della rivista Africa. Ho così scoperto gli studi del prof. Del Boca prima, e poi del prof. Labanca, relativi soprattutto all’Etiopia, che mostravano un comportamento criminale da parte del nostro Paese, che aveva addirittura usato i gas tossici per reprimere la resistenza etiope, sebbene questi gas fossero stati proibiti dalla convenzione di Ginevra, alla quale anche l’Italia aveva aderito.
Per molti anni ho creduto che il colonialismo italiano, cattivo e razzista, fosse relativo soltanto al periodo fascista, prima di rendermi conto che, ancora una volta, mi sbagliavo. Avevo bisogno di continuare a leggere per colmare queste mie lacune.
Qualche settimana fa mi sono imbattuto nel saggio , Storia del colonialismo italiano, dei professori Valeria Deplano e Alessandro Pes, pubblicato dall’editore Carocci, un testo, per me, illuminante. Il sottotitolo chiarisce già molte cose: Politica, cultura e memoria dall’età liberale ai nostri giorni. Il libro è strutturato in tre sezioni principali: il colonialismo liberale, il colonialismo fascista, la Repubblica italiana e la questione coloniale.
L’editore presenta il saggio con le seguenti parole: Il colonialismo si è intrecciato con la storia d’Italia dall’Ottocento alla Seconda guerra mondiale e ha proiettato la sua ombra anche nel periodo repubblicano, fino ai giorni nostri. Muovendo dal più recente dibattito storiografico, il volume ricostruisce per la prima volta in maniera sistematica e sintetica la storia dell’espansionismo italiano in Africa in età liberale e durante il ventennio fascista e ripercorre le vicende delle sue eredità e implicazioni nell’Italia del secondo Novecento e del XXI secolo. Si raccontano non solo i progetti politici, le relazioni diplomatiche, le operazioni militari, le violenze dell’occupazione, le leggi razziste, ma anche i movimenti di persone da e per l’Africa e il modo con cui la scuola, i libri, i film, la scienza e i monumenti hanno reso possibile l’espansione, contribuendo a costruire immaginari che influenzano ancora oggi le vite di milioni di donne e di uomini.
Il libro è scritto in maniera accessibile a tutti, è relativamente breve (180 pagine, oltre alle note e alla bibliografia) e permette a tutti noi, che non siamo accademici o studiosi della materia, di comprendere un periodo della nostra storia ancora troppo oscuro. Per ogni affermazione degli autori ci sono le note che indicano le fonti, quindi qualsiasi argomento contenuto nel libro può essere ulteriormente approfondito. Mi ha anche colpito, positivamente, la condanna, chiara e netta, al fatto che la Repubblica italiana abbia finora sostanzialmente evitato di elaborare il periodo coloniale.
Un libro che l’italiano medio come me dovrebbe leggere, per imparare ciò che a scuola non ci hanno insegnato.