Tea rooms, operaie della ristorazione

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Ci sono libri di valore che vengono colpevolmente dimenticati e soccombono all’ingiuria del tempo. Ogni tanto però il tempo rende loro giustizia, facendoli riscoprire. Proprio questo è successo al libro “Tea rooms”, della spagnola Luisa Carnés. La Carnés nacque nel 1905 in una famiglia operaia nel quartiere madrileno di Las Letras e a undici anni iniziò a lavorare come operaia in una fabbrica di cappelli. Dalla sua esperienza lavorativa come cameriera in una sala da té nacque il romanzo Tea rooms, del 1934. La carriera di scrittrice della giovane madrilena si interruppe nel 1936, a causa del colpo di stato militare che scatenò la guerra civile. Dopo la sconfitta dei repubblicani la Carnés andò in esilio in Messico, dove morì prematuramente all’età di 59 anni.

Negli ultimi anni la Spagna ha riscoperto il valore della Carnés, ripubblicando, nel 2016, il suo Tea Rooms, che nel 2021 è stato finalmente proposto in Italia, dall’editore Alegre per la collana Working Class, con l’ottima traduzione di Alberto Prunetti. Leggendo il romanzo, sembra incredibile che sia stato scritto più di ottant’anni fa, non solo per la fluidità del linguaggio della scrittrice spagnola, ma anche per gli argomenti trattati, quanto mai attuali. Il romanzo racconta la storia di Matilde, che trova impiego in una pasticceria del centro di Madrid, e delle sue colleghe e colleghi di lavoro, tutti accomunati dalla stessa sorte: turni di lavoro massacranti, pause praticamente inesistenti, paga infima. La colpa dei protagonisti del romanzo è quella di essere nati poveri, e di conseguenza esclusi da tutto. I soprusi della responsabile e del proprietario sono descritti nei minimi dettagli, così come le personalità dei diversi protagonisti: c’è chi sogna il grande amore, chi il successo nel mondo dello spettacolo, chi ha già una certa età e ha subito dalla vita non poche delusioni, chi è scappato da Mussolini ed è in pena per il figlio rimasto in Italia, e chi come Matilde prova rabbia per la loro condizione e crede che bisogna unirsi e protestare.

Quello che colpisce leggendo il libro è che, se molti capitoli fossero scritti oggi, nessuno noterebbe la differenza. Negli anni ’30 del XX secolo non c’erano ancora i diritti dei lavoratori, negli anni ’20 del XXI secolo alcune categorie di lavoratori conducono vite non molto dissimili da quelle descritte nel libro. La potenza di questo romanzo non è solo di raccontare storie vere, ma anche di ricordarci cosa succede quando i diritti, tanto faticosamente conquistati, si perdono. La storia ci insegna già che basta poco a perdere i diritti, se non li si difende, non li si coccola, non li si utilizza. Grazie all’editore Alegre per averci proposto questo gioiellino, così a lungo trascurato, un esempio di romanzo sociale come non se ne trovano quasi più.

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