Mille giorni che non vieni: l’ultimo gioiello di Andrej Longo

Inizia

Ci sono autori di cui ci si innamora dopo poche pagine, tanto da andare a cercare tutti i libri pubblicati e aspettare con ansia i nuovi lavori. Uno di questi autori è per me l’ischitano Andrej Longo, che imparai a conoscere tanti anni fa grazie alla raccolta di racconti “Dieci”, ispirata ai dieci comandamenti, con Napoli protagonista, una Napoli diversa da tutti i cliché. Seguirono poi tante altre letture, tutte di valore. In ordine sparso: Chi ha ucciso Sarah?, Più o meno alle tre, L’altra madre, Lu campo di girasoli, Solo la pioggia.

Non potevo quindi lasciarmi scappare l’ultima fatica di Longo, “Mille giorni che non vieni”, pubblicato qualche settimana fa da Sellerio. L’editore presenta il nuovo romanzo con le seguenti parole:Antonio Caruso è uscito di galera. Neanche lui, lì per lì, sa perché è stato scarcerato. È un giovane malavitoso, ha spacciato e ucciso, e dovrebbe scontare ancora sette anni. Fuori non ha più amici, e quelli veri, Santo Domingo, Pasqualone e Caffeina, quelli con cui piangere, scherzare e dividere «l’ombra scura del passato che ti viene a cercare ogni sera», sono rimasti dentro.Fuori c’è Maria Luce, la moglie, che non ne vuole più sapere di lui. E c’è la piccola Rachelina, nata quando Antonio entrava in carcere e che ora lo incanta con l’innocente grazia del suo sorriso intelligente.Cerca di riannodare i fili della sua esistenza, Caruso, cerca un lavoro, cerca di riconquistare Maria Luce, cerca una nuova possibilità. Padre Vincenzo, il prete del carcere che ben conosce i ragazzi come lui, prova ad aiutarlo, perché «la libertà di provare a cambiare nessuno ce la può togliere». Caruso trova lavoro come autista di camion, lo stesso lavoro che faceva il padre. Ma c’è qualcosa di poco chiaro in quei camion che viaggiano di notte. Così di nuovo si mette nei guai. E mentre il sogno disperato di una vita nuova sembra allontanarsi ancora di più, nella sua anima si aprono domande a cui non è facile rispondere.Nei suoi noir, scritti spesso al presente e in prima persona, sono sempre molte le riflessioni che l’autore stimola nel lettore. Al talento dell’intrecciare storie fosche, di scolpire personaggi, di rappresentare ambienti e suscitare atmosfere, si unisce un desiderio di fraternità autentico. Un’esigenza che sembra nascere da un processo di identificazione con le persone di cui narra. Tanto che chi legge, grazie anche a un «parlato» naturale, che non cerca l’effetto, ha l’impressione di stare con il protagonista e di vivere sulla sua pelle ogni attimo della storia.

Mille giorni

Con il suo stile di scrittura, personale e riconoscibile, Longo ci fa immedesimare nelle avventure e disavventure di Antonio Caruso. Mentre leggevo il libro, pensavo a tutte le differenze che ci sono tra la mia vita e quella del protagonista del romanzo. Riflettevo su come, già dalla nascita, le nostre occasioni, le nostre disponibilità, fossero diverse. Riflettevo anche su come la gestione delle conseguenze di un errore possano essere diverse, molto meno dolorose per chi ha gli strumenti culturali, economici, sociali. Per alcuni, oltre alle seconde, ci sono anche le terze possibilità; per altri, una possibilità è tutto quello che la vita concede.

Le pagine scorrevano, e ritrovavo il Longo delle altre opere, in particolare di Dieci, fino a che, in alcuni momenti, mi sembrava di leggere la versione moderna di un altro autore napoletano, Raffaele Viviani, mai sufficientemente conosciuto, mai adeguatamente apprezzato.

Chi già conosce Longo, si regali la lettura del suo ultimo gioiello; chi non lo conosce ancora, colga l’occasione di conoscerlo attraverso Mille giorni che non vieni.

3 Comments

  1. Riflettevo sulle tue parole Maurizio, ovvero sul differente destino di ognuno di noi diciamo “per nascita”. Sempre più consapevole che non può nei fatti esistere uguaglianza, ma è all equità che si dovrebbe tendere. E che la frase “la giustizia è uguale per tutti” non è poi vera. Non esiste una giustizia uguale purtroppo. Ma può, deve esistere una giustizia equa. Uno stato civile deve avere gli strumenti per riabilitare ciascuna persona nel rispetto delle diversità, ma affinché tutti possano avere gli strumenti per appropriarsi di una vita onestà.

  2. Bellissimo articolo, come sempre del resto. Mi hai fatto innamorare del libro prima di leggerlo. Me lo regalerò per Natale. Grazie Maurizio, sei sempre un punto di riferimento. Un abbraccio

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