Ci sono viaggi lontani nel tempo, sepolti nelle stanze della memoria, che ritornano periodicamente in mente, forse perché non sono mai usciti dal cuore.
Uno di questi viaggi è sicuramente quello in Scozia nel 1996, con due amici che diventarono uno dei pilastri della mia vita. Sto parlando di Francesca e Giuseppe, che conobbi all’università, nel laboratorio dove andai a fare la tesi di laurea. Francesca stava terminando il dottorato di ricerca, mentre Giuseppe, il suo ragazzo, di qualche anno più grande, era appena diventato ricercatore. Eravamo molto diversi caratterialmente, ma una cosa ci univa: non avevamo paura di lavorare duro, non ci spaventava lavorare tanto. Conoscendoci meglio, scoprimmo di avere tante altre cose in comune, tra cui la passione per i viaggi. Decidemmo perciò di fare un viaggio insieme, consapevoli del rischio che stavamo per correre: molte amicizie finiscono dopo un viaggio, ma quelle più vere si consolidano.
Proposi di andare in Scozia, dove ero stato quattro anni prima, ed entrambi accettarono. Organizzammo tutto nei minimi particolari: avremmo trascorso qualche giorno a Londra, a far visita al nostro amico Diego, dottorando nel nostro laboratorio che si era appena trasferito in Inghilterra, e poi avremmo preso un aereo per Edimburgo. Lì avremmo affittato una macchina e avremmo girato la regione, cercando di volta i volta dei Bed and Breakfast dove dormire.
Partimmo all’inizio di agosto, dopo che ebbi sostenuto il mio penultimo esame. Passammo momenti indimenticabili a Londra, una delle città del mio cuore, poi partimmo per Edimburgo. All’aeroporto affittammo una macchina, una FIAT 500 nera, e ci lanciammo alla scoperta della Scozia. Oddio, non proprio lanciammo, dovemmo prima imparare a guidare al contrario. Lo fecero sia Giuseppe che Francesca, risparmiandomi lo strazio. Oltre alle città quali la maestosa Edimburgo, la vivace Glasgow, la tranquilla Aberdeen, visitammo paesini quali Oban e le sue distillerie, Pitlochry e i suoi salmoni, e poi i laghi, il misterioso Loch Ness e il famoso Loch Lomond, il canale di Caledonia, le Highlands… Imparammo a distinguere i Bed & Breakfast migliori da quelli meno confortevoli, scoprendo così che bisognava farsi ospitare dalla persone anziane; i giovani infatti facevano questo lavoro per guadagnare quanto più possibile, quindi il loro obiettivo era affittare sempre tutte le camere, il che comportava turni per il bagno, colazioni non sempre abbondanti… Gli anziani invece lo facevano per stare in compagnia, per conoscere nuove persone, e così spesso eravamo gli unici ospiti della casa, avevamo il soggiorno e il giardino a disposizione, le colazioni erano varie e abbondanti.
Non sempre era facile trovare un posto dove dormire, specialmente quando ci trovavamo in luoghi molto frequentati dai turisti. Il 16 agosto il mondo sembrava essersi dato appuntamento a Fort William, tanto che non si trovava un buco per la notte da nessuna parte. Eravamo rassegnati a trascorrere la nostra prima notte in auto, quando, di sera, avemmo la disponibilità di un cottage, anche se per una notte sola; la famiglia che lo aveva affittato sarebbe arrivata solo il giorno dopo. Al posto della solita doccia, una grande e confortevole vasca, che permise a tutti e tre di fare un caldo bagno rilassante. Quel giorno era il mio compleanno, ma non avevamo avuto tempo di comprare una torta, e nel frattempo tutti i negozi avevano chiuso. Francesca non si scoraggiò: comprò dei biscotti nell’unica stazione di servizio aperta, riciclò le candeline del compleanno di Giuseppe, che aveva festeggiato sei giorni prima, utilizzò la carta igienica al posto dei tovaglioli e così riuscii a festeggiare il mio ventiquattresimo compleanno con tutti i crismi.
Alla fine di quel viaggio mi resi conto che l’amicizia tra noi tre sarebbe durata per tutta la vita, e così è stato. Giuseppe continuò la carriera universitaria fino a diventare il professore ordinario che è adesso, io lasciai Napoli per specializzarmi a Pisa, e poi mi trasferii in Lombardia per lavorare negli stabilimenti, Francesca perfezionò i suoi studi con borse di studio fino a diventare ricercatrice. Era una persona molto esigente, più con se stessa che con gli altri e il suo rigore e la sua rigidità, per me due qualità, non sempre la rendevano simpatica in un ambiente come quello accademico, dove la politica e il servilismo spesso imperano.
Anche se distanti, riuscivamo sempre a essere vicini, grazie a telefono e computer. A giugno 2000, alle 6.30 del mattino, mentre ero alla stazione di Milano Cadorna, aspettando il treno per andare a lavorare, ricevetti una telefonata di Francesca: il figlio Luigi era nato poche ore prima.
La vita cambiò il 13 agosto del 2001, quando a Francesca fu diagnosticato un cancro al cervello. Ricordo come se fosse ora quel momento: ero in ferie, a casa dei miei, e stavo rientrando dalla spiaggia quando ricevetti la telefonata: riuscii a stento a portarla a termine, mi sentii mancare, dovetti bere del whisky per riprendermi. Nonostante la distanza, facemmo in modo di vivere quella odissea restando quanto più uniti possibile. Tutte le sere ci telefonavamo, per raccontarci la nostra giornata, ma non solo. Ci raccontavamo le nostre paure, i nostri timori, le nostre angosce, e ci sorreggevamo a vicenda. Quando possibile, trascorrevamo del tempo insieme. Un’estate, nel periodo in cui vivevo a Nettuno, Francesca, Giuseppe e il piccolo Luigi affittarono un appartamento poco lontano da casa mia, così potemmo incontrarci tutti i giorni dopo il lavoro. Quando mi trasferii nuovamente in Lombardia, Francesca e Giuseppe erano miei ospiti ogni volta che Francesca si doveva recare all’ospedale di Milano per accertamenti o cure. Ho ancora sulla pelle l’angoscia di quelle attese, le gite che ci inventavamo per distrarci, il controllo dell’orologio ogni trenta secondi, anche se sembrava fossero trascorse ore.
Purtroppo la vita di Francesca finì il 27 maggio 2010, poche settimane dopo la morte di mia madre, ma la nostra amicizia non è mai finita, e l’affetto che ci siamo scambiati è ancora vivo. Nei momenti di tristezza penso a quanto futuro ci è stato negato, ma poi mi riprendo subito, rendendomi conto della fortuna che ho avuto ad avere un’amica così vera e sincera. Mi rendo conto solo ora che, partendo da un ricordo di viaggio, ho scritto il ritratto di un’amica, ma va benissimo così.
Per me è stato commovente leggere quello che hai ricordato. La vostra amicizia era così sincera e so bene quanto sei stato presente soprattutto nei momenti più difficili. È sempre un piacere leggere i tuoi interventi su Facebook, si capisce che sono scritti con il cuore. Ti auguro tanta serenità. Buona notte. Un abbraccio, Gianna.
Racconto di un meraviglioso viaggio che si è incrociato con il racconto di una vera amicizia e del viaggio della vita di Francesca. Leggerti è sempre un gran piacere.
Una delle prime cose che mi hai raccontato di te e’ stata la perdita di Francesca. E ora la vedo in queste foto.
Mi ricordo molto bene di lei e del tuo dolore per aver perso una sorella elettiva.
A leggere questi ricordi di viaggio intersecati dalla vostra vita, anche se quella di Francesca si è interrotta nel fiore degli anni, mi sono commossa. Ho la foto di Francesca nello studio, la guardo spesso e penso che parte di lei è rimasta in tutti noi. Grazie Maurizio anche per le bellissime foto.
Sapevo della tua grande amicizia con Francesca, ma non conoscevo i dettagli…Capisco quanto deve essere stata laacerante la sua perdita poco dopo quella di mamma e, inevitabilmente, mi commuove tanto la tua sensibilità come sempre quando ti leggo.Hai proprio un’anima bella, Mauri, ti voglio bene :*