Abi Daré è una signora nigeriana, che da diciotto anni vive in Inghilterra. Nel 2020 ha pubblicato il suo primo romanzo, “The girl with the louding voice”, che è diventato un vero e proprio caso editoriale, balzando in testa alla classifica delle vendite in diversi Paesi, tra i quali la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, ottenendo al tempo stesso delle critiche eccellenti. La casa editrice Nord ha pubblicato la versione italiana lo scorso agosto, con il titolo “La ladra di parole” e l’eccellente traduzione di Elisa Banfi.
Adunni, la protagonista del romanzo, è una bambina che nasce e cresce a Ikati, un villaggio nel cuore della Nigeria. Lì il destino delle donne è segnato fin dalla nascita: si trascorre l’infanzia a occuparsi della casa e dei fratelli più piccoli, si va a scuola solo per imparare a leggere e a scrivere, per poi essere date in sposa, nella prima adolescenza, al miglior offerente. Adunni è diversa, a lei piace studiare, e cerca di fare tesoro dei consigli della madre: solo con l’istruzione si può diventare libere e indipendenti. Purtroppo la mamma muore quando Adunni è appena quattordicenne, e il padre la offre in sposa, come terza moglie, a un uomo anziano. Niente più scuola per Adunni, che si trova proiettata in una realtà che non vuole e da cui, dopo qualche tempo, decide de di scappare, o meglio è costretta a farlo (non vi dico altro, per non guastarvi la lettura). Arriva a Lagos, dove viene assunta da una signora molto ricca, Big Madam, come domestica. L’inferno non è finito, anzi; Adunni si ritrova a lavorare dall’alba a notte inoltrata, in una situazione di schiavitù. Subisce le violenze della padrona e le molestie del marito di lei. Ma, lungo la sua strada, incontra anche delle persone gentili, che la convincono a impegnarsi per riprendere a studiare, perché, proprio come le diceva la madre, l’istruzione è il passaporto per indipendenza e libertà.
L’autrice ha lavorato molto sul linguaggio del romanzo, facendo parlare la protagonista nel cosiddetto broken English, l’inglese parlato da persone non madrelingua e non istruite, quindi caratterizzato da errori grammaticali e sintattici di vario tipo. Le persone istruite del romanzo parlano invece il pidgin English, ovvero l’inglese parlato in Nigeria (e anche in altri Paesi), caratterizzato da una sovrapposizione tra le lingue locali e l’inglese. Notevole è stato il lavoro di Elisa Banfi per rendere tutte queste differenze linguistiche in italiano.
Tante sono le ragioni per leggere questo romanzo: per rendersi conto di quanto grande sia ancora la disparità di genere, in particolare in alcuni Paesi del mondo; per evidenziare, una volta di più, come l’istruzione possa cambiare, in meglio, la vita; per farsi trasportare dalle vicende di Adunni, soffrire e gioire con lei. E chissà, forse anche per impegnarsi a fare qualcosa di concreto, e ricordando le parole di Adunni “Per le ragazze come me, il futuro è già deciso. Ma io non mi arrendo nel silenzio. Un giorno troverò la mia voce”, lottare, aiutare, affinché tutte trovino la propria voce.Aspetto con impazienza il prossimo lavoro di Abi Daré.
La forza delle donne aggiungerei…
Grazie Maurizio