Un break a Strasburgo

Inizia

Uno dei vantaggi di vivere in Svizzera è che si trova al centro dell’Europa, rendendo possibili gite in Germania, Francia, Austria senza troppo sforzo. E così, approfittando del ponte del 1 agosto, decido di fare una capatina a Strasburgo, città che ho visitato diverse altre volte e che non smette mai di piacermi. Ho proposto questa gita ad amiche e amici, ma tutti hanno rifiutato: alcuni non erano disponibili, altri non erano interessati. Decido di andare da solo e di visitare luoghi che non abbia già visitato in precedenza.

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Parto di sabato mattina, ho in programma di prendere il TGV fino a Basilea, ma è stato incredibilmente soppresso, così ripiego sull’interregionale. Mentre sono impegnato a leggere il mio libro, oh niente di impegnativo, sono ben lontano da Proust, una famigliola si siede ai posti accanto al mio: giovani genitori e due figlie dell’età compresa tra due e cinque anni. Sorridono, sembrano gentili, e soprattutto calmi. Mai previsione fu più sbagliata! Non appena il treno parte, le due bambine si trasformano in due moti perpetui, la maggiore saltando sul seggiolino di fronte al mio, in modo da arrivare al pulsante di apertura porta, che permette alla minore di ficcare il naso nell’altra parte del vagone. I genitori lasciano fare e le bimbe continuano così per tutta la durata del viaggio, tra una canzoncina, uno strillo, un pianto e una risata. Una persona nota, che scrive molto meglio di me, non avrebbe esitato a definire le due bambine “piccole lanzichenecche”. Io sopporto e dopo un’ora abbondante il viaggio finisce; mentre la famigliola si avvia a prendere il treno per Francoforte, io vado a prendere quello per Strasburgo.

Ho deciso di cominciare la mia gita con un piccolo parco che si trova nei pressi della stazione ferroviaria, “Fosse des Remparts”, che costeggia il canale sul quale si possono ammirare, se si è fortunati, gli uccelli che vanno ad abbeverarsi. Arrivo che il tempo è incerto, ma è lo stesso bellissimo passeggiare nel verde a pochi minuti dalla stazione; sono subito fortunatissimo, perché avvisto un airone che si ferma a bere. Purtroppo, non appena tento di fotografarlo, scappa viva. Al lato del sentiero, ci sono i cosiddetti “giardini familiari”, tipici di questa parte d’Europa, e ogni tanto incontro uomini intenti a coltivare il loro pezzo di terra. Ci salutiamo cordialmente, così come con le persone che passano in bicicletta. Una signora, che porta un bambino a passeggio in carrozzino, mi indica un ponte per attraversare il fiume e percorrere il parco dall’altro lato, in una sorta di anello. Oltre agli aironi, riesco a scorgere altri uccelli, tra i quali diversi anatroccoli, chiassosi come le piccole lanzichenecche del mattino.

Uscito dal parco, mi dirigo verso il centro della città, ma mi accorgo di un museo di cui ignoravo l’esistenza, il museo del vodou. Il museo è aperto solo di pomeriggio; sono da poco passate le 14, e così decido di entrare. Conosco l’argomento abbastanza bene, soprattutto grazie al mio viaggio in Benin del 2013, ma sono curioso di vedere come il tema sia presentato in Europa. Il museo si focalizza sulle maschere Gelede e, pur non dando l’infinità di informazioni che ho ricevuto durante il viaggio, spiega in maniera precisa il “mondo invisibile”. E’ un museo che mi sento di consigliare a chi vuole cominciare a conoscere questa religione.

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Finita la mia visita, mi rendo conto di non aver ancora pranzato, e sono da poco passate le 16. Dal momento che sono vicino alla stazione, decido di andare a mangiare in un ristorante camerunense, Mangatama, che avevo scoperto per caso lo scorso novembre, quando ero a Strasburgo per lavoro. Il ristorante è affollato, sono l’unico bianco, ma pochi minuti dopo entra un signore anziano, che sembra essere un cliente abituale, e così i bianchi sono diventati due. Resto però l’unico, bianco o nero che sia, che non parla francese. Alcuni piatti del menu li conosco già e allora mi faccio spiegare dalla cameriera quelli che non conosco, e ordino proprio uno di questi piatti: verdure saltate con gamberi e banane fritte. L’attesa per mangiare è lunga perché anche qui, come nei ristoranti in Africa, si cucina tutto al momento. Aspettare non è un problema per me: mi guardo intorno mentre sorseggio la mia coca-cola e mi godo la piacevole atmosfera. Ogni volta che entra un nuovo cliente, trascorre diversi minuti a salutare il resto del ristorante, perché evidentemente si conoscono tutti. Siccome mi trovo nel bel mezzo della sala, molti dei nuovi arrivi si fermano a salutare anche me. Il livello sonoro è tale da far impallidire le piccole lanzichenecche della mattina, e aumenta ulteriormente quando entra un giovane uomo con una valigia, che apre dopo aver salutato tutti. Dalla valigia escono decine di paia di scarpe sportive, che mostra a tutti i presenti. Le scarpe sono belle, nuove, vengono passate di mano in mano. Mi colpisce che nessuno si concentri sul numero di scarpe, ma tutti sul modello, sui colori. Non so se qualcuno compri qualcosa, nel frattempo il mio piatto è arrivato e io lo divoro con gusto. Finito di mangiare, vado a pagare alla cassa e così mi ritrovo anch’io a salutare tutti prima di andare via.

Dedico la domenica ai parchi e alle passeggiate, approfittando del fatto che non piove ancora. Ho intenzione di provare ad andare al Parlamento europeo a piedi. So che le istituzioni sono chiuse di domenica, ma vorrei capire quale sia la distanza dal centro città, dove mi trovo con l’hotel. Cammino per oltre un’ora e mi ritrovo di fronte a un palazzo che credo sia quello del Parlamento europeo, ma mi accorgo subito che qualcosa non torna; infatti, le bandiere sono molte di più di ventisette e ci sono anche quelle di Svizzera, Macedonia del Nord, Liechtenstein, e altre che certamente non fanno parte dell’Unione europea. Capisco così di non essere all’ingresso del Parlamento europeo, bensì davanti a quello del Consiglio d’Europa, l’istituzione che si occupa di diritti umani. Da lì mi reco al parco dell’Orangerie, immenso, pieno di giardini fioriti, di famigliole in relax, di giovani e meno giovani che fanno sport… E soprattutto di panchine, dove posso sedermi a leggere. Trascorro il tardo pomeriggio in centro, tra la cattedrale, la petit France e piazza della Repubblica, che mi affascina da sempre.

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Il lunedì è il giorno del Parlamento europeo, finalmente. Mi sento emozionato come quando, tantissimi anni fa, visitai il Senato italiano con mio padre. So che le visite cominciano alle 9, ma mi reco lì in anticipo, arrivo alle 8.40. Tutt’intorno al parlamento ci sono lavori di costruzione, ricostruzione, manutenzione. Sono incerto su dove andare esattamente, alcuni operai mi indicano la via. Mi fermo davanti al gabbiotto della security, ci sono tre addetti che mi chiedono di aspettare e mi chiedono di mostrare un documento d’identità per la registrazione. Per l’occasione mostro la carta d’identità italiana, che mi fa sentire più europeo di quella svizzera. Mentre aspetto, arrivano due giovani ragazzi austriaci, e una donna irlandese di una certa età. Ci mettiamo a chiacchierare tutti insieme; gli addetti alla security ci mostrano lo stadio del tennis, poco distante, quello in cui, ogni anno a maggio, si disputano i campionati internazionali femminili, vinti quest’anno dall’ucraina Elina Svitolina.

Alle 9 precise siamo solo in quattro, e così passiamo i controlli di sicurezza in tutta velocità. Ci accolgono le impiegate e gli impiegati del parlamento, in maniera molto calorosa. Ci spiegano che al primo piano possiamo ammirare due mostre fotografiche, una di un’artista iraniana , e l’altra, Iconic, che mi ha attratto molto: si tratta di una selezione di fotografie, dal 1955 al 2023, che hanno catturato I momenti importanti della nostra storia recente. Guardando le fotografie, e leggendo degli avvenimenti più importanti per ciascun anno, mi sono reso conto di ricordarli quasi tutti; è questa la chiara evidenza del tempo che passa. Resto poi a lungo nella hall, tra le bandiere europee e foto storiche delle attività parlamentari. Un’impiegata si offre di scattarmi delle foto tra le bandiere da tenere come ricordo, non posso certo rifiutare.

Mi reco poi in aula, dove mi viene data un’audioguida per le spiegazioni, disponibili in tutte e 24 le lingue dei Paesi che compongono il parlamento europeo. Naturalmente scelgo l’italiano, e comincio la mia visita comodamente seduto in poltrona: ripercorro la storia del parlamento europeo, le sue funzioni, le modalità di votazione, il ruolo delle commissioni, gli ospiti illustri. Resto per ore in aula, mi rendo conto che sono arrivati diversi altri visitatori. Una volta uscito dall’aula, mi fermo a osservare, sugli appositi schermi, la composizione del parlamento attuale e i profili di diversi dei 705 parlamentari. Scopro così che Mercedes Bresso, che ho sempre ammirato e della quale non ho notizie da anni, è una parlamentare europea molto attiva. Prima di andar via, mi soffermo sulla mostra fotografica che ripercorre la vita e le attività di Simone Veil, prima donna a essere nominata presidente del parlamento europeo, dal 1979 al 1982. Esco dal parlamento più ricco, e sempre più convinto dell’importanza di avere un’Europa unita, contro discriminazioni e fascismi vecchi e nuovi, per una vera inclusione.

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E’ arrivata l’ora di partire e tornare a casa; questo break a Strasburgo mi ha fatto proprio bene, tornerò sicuramente appena possibile.

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6 Comments

  1. Bel racconto. Anche a noi è piaciuta molto sia la città che il parlamento. Abbiamo anche assistito al passaggio di un battello turistico attraverso le chiuse,. Tu ne avrai visti tanti nei tuoi viaggi, per me resta una cosa ammaliante vedere quando entra, si chiude la barriera e la barca, con l’acqua , sale per continuare la navigazione a un livello superiore.

  2. Alla stazione di Strasburgo c’è un pianoforte, a disposizione dei viaggiatori in attesa. Incredibile quante persone suonino così bene, è un piacere ascoltarle.

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