Salutando Michela

Pochi giorni fa è morta la scrittrice Michela Murgia. Avevo deciso di non scriverne, perché fior di giornalisti e scrittori che stimo, da Roberto Saviano a Djarah Kan, da Giulia Sara Miori a Simona Vinci, da Alessandro Giammei a Sandra Petrignani, ne hanno scritto ampiamente, rappresentando perfettamente il mio sentire.

Ho cambiato idea leggendo un post di una persona che stimo, “ Mai letto nulla della Murgia. E non credo proprio di iniziare ora” che mi spinge a dire, nel mio piccolo, la mia, cercando di fargli capire quanto abbia torto a non avvicinarsi a questa scrittrice.

Una premessa mi sembra doverosa: non ho mai conosciuto personalmente la scrittrice. La scoprii anni fa, grazie a un film di Virzì da me molto amato, Tutta la vita davanti, tratto dal primo romanzo della Murgia, Il mondo deve sapere. Da allora non ho smesso mai di seguirla. Il suo capolavoro, Accabadora, mi fu regalato da Piera, mia carissima amica, sarda come la Murgia.

Perché, pur non conoscendo la Murgia, questa scrittrice è diventata una parte importante della mia vita? Perché Michela (mi permetto di chiamarla per nome pur non avendone alcun diritto; i suoi cari mi perdoneranno) ha fatto, in grande, ciò che io cerco di fare ogni giorno nel mio piccolo nella mia vita lavorativa, privata, e da due anni anche con questo blog: ha lottato contro il patriarcato.

Ho scritto altre volte che il mondo è organizzato in funzione del maschio, bianco, eterosessuale e cristiano; chiunque non si identifichi in tutte e quattro queste categorie è stato oggetto, almeno una volta nella vita, di episodi di discriminazione, o quantomeno di esclusione. Con le sue opere, con i suoi interventi pubblici, con i suoi scritti sui giornali, la Murgia ha combattuto tutto questo. Bastano i titoli di alcuni dei suoi scritti per aver conferma di quanto sto dicendo: Ave Mary: e la chiesa inventò la donna, Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, God save the queer…

Michela si è sempre esposta in prima persona, rendendo pubblica la sua vita perché, quando si combatte per i diritti, il privato è politico e il politico è, inevitabilmente, pubblico. Non sorprende che, in un Paese abituato al chiacchiericcio e ai sussurri, chi alza la voce e si espone in prima persona risulti antipatico, fastidioso.

Murgia 1

Negli ultimi mesi della sua vita la Murgia ha sfidato un altro tabù, pubblicizzando la sua malattia, costringendo così tutti noi a fare i conti con la morte, tema che alla maggioranza degli esseri umani non piace affrontare. Anni fa mia madre, nel suo piccolo mondo, fece la stessa cosa, parlando apertamente del suo cancro, evitando di indossare parrucche, mostrandosi per quello che era… Il risultato fu che ebbe la vicinanza di tantissime persone, ma diverse altre, a lei vicine prima della malattia, si allontanarono, non riuscendo a gestire questo faccia a faccia con la morte. Posso solo immaginare quanta forza abbia dovuto avere Michela Murgia per reggere, da personaggio pubblico, all’esposizione mediatica. Eppure Michela Murgia ha fatto tutto ciò, è andata avanti per la sua strada per sostenere fino in fondo ciò in cui credeva. Come ha scritto su Domani del 12 agosto scorso Alessandro Giammei, “Michela Murgia, come la chiamava la nazione in cui è diventata un’icona politico-letteraria, mi ha insegnato che gli armadi non sono necessariamente intransitivi nascondigli: basta farli permeabili (per esempio, non montandoci la porta). Se manca la porta, se l’uscio contagia con la sua liminarità di soglia tutto lo spazio in cui dilaga senza più argine, che senso ha pensare in termini di dentro e di fuori? Se il privato è abbastanza specchiato da poter essere esibito con l’orgoglio dell’esempio, che bisogno c’è di distinguerlo dal pubblico—il quale comunque tenterebbe d’intrufolarvicisi, strisciante come una spia o aggressivo come un troll?”

Lorenzo Gasparrini, maschio bianco, eterosessuale, filosofo, e femminista, ha spesso messo in evidenza che, oltre alle donne, vittime del patriarcato sono anche gli uomini che, avendo respirato per tutta la vita solo cultura patriarcale, non sono liberi di esprimere i propri sentimenti, le proprie emozioni, le proprie vulnerabilità. Michela Murgia ha indicato la strada da seguire a chi vuole combattere tutto ciò, e allo stesso tempo ha incoraggiato a continuare chi queste battaglie le sta già conducendo.

Mi piace ricordarla con le parole di Loredana Berté: Ho accolto con molta tristezza la notizia della scomparsa di Michela Murgia. Era una scrittrice forte, una donna straordinaria, decisa e combattiva.

Ma la sua eredità non andrà persa: Michela ti ricorderemo durante ogni battaglia per rendere il mondo un posto migliore.

Ciao Michela, grazie di tutto.

8 Comments

  1. Anch’io non ho mai letto nulla degli scritti di Michela Murgia, a parte qualche articolo quando casualmente mi capitava sott’occhio. Devo dire però che quando, altrettanto casualmente, mi capitava di vederla apparire in TV (evento raro, come succede alle persone scomode) cercavo in tutti i modi di ascoltarla. Mi ha sempre suscitato un’istintiva simpatia come persona. Il modo di esprimere le sue idee, dirompenti e spesso intrise di ironia amara, ma determinata, la sua cultura e il suo argomentare acuto, sono sempre stati per me accattivanti! Forse, dopo la piccola scossa della sua scomparsa, mi deciderò ad andarla a cercare in libreria…

  2. Grazie per la tua testimonianza. Se non l’hai fatto, prova ad ascoltare i suoi audiolibri letti da lei. Ti sembrerà di averla accanto…

  3. Grazie per queste parole. Non so se il/la tuo/a conoscente abbia cambiato idea. Importante comunque ribadire i concetti fondamentali per non cadere nel limite superficiale e insieme solco profondissimo della simpatia/antipatia.
    Al di là del gusto personale sulla sua prosa o sulle sue idee, non si può non riconoscere la portata rivoluzionaria delle sue battaglie contro i pregiudizi limitanti e generanti ingiustizie.

  4. Mi piacerebbe sapere la motivazione del tuo conoscente stimato. Antipatia di pelle? Dissenso sui contenuti delle sue esternazioni? O sul metodo? Rigetto da sovraesposizione mediatica?

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