Le due rubriche più lette del blog sono “Appunti di viaggio” e “Storie di migrazione” che, guarda caso, sono anche le meno ricche di articoli. Ciò perché entrambe richiedono più tempo delle altre per produrre uno scritto accettabile.
Nel caso di “Storie di migrazione”, bisogna contattare la persona, chiedere la disponibilità a raccontare la propria storia, poi scrivere una prima bozza cercando di individuare il tono giusto della storia, quindi ho bisogno di lavorare molto sulle parole, cosa non così indispensabile quando scrivo un articolo per raccontare un libro che ho letto, o quando esprimo la mia opinione su un argomento. Una volta trovato il tono e scritta la bozza, dopo averla letta e riletta si manda lo scritto al protagonista, che la rivede, la commenta, e a quel punto l’articolo si riscrive, in tutto o in parte, fino a quando il protagonista non è soddisfatto. Solo in quel momento chiedo l’autorizzazione scritta a pubblicare e, una volta ottenuta, chiedo le fotografie per arricchire l’articolo. Il tempo che intercorre tra la produzione della prima bozza e la pubblicazione dell’articolo è molto variabile e dipende da quante volte il protagonista mi fa riscrivere la storia. Alcuni protagonisti (pochissimi, in verità), hanno detto “buona la prima”, altri si sono messi a riscrivere l’articolo a modo loro, e quindi ho dovuto lavorare a un compromesso, altri hanno voluto fare modifiche continue. Questa è la ragione per cui gli articoli pubblicati sono pochissimi.
Perché vi racconto tutto questo? Perché l’altra settimana uno dei protagonisti di questa rubrica, la cui storia avevo raccontato più di un anno fa, mi ha chiesto di rimuovere l’articolo dal blog. Ovviamente non ero tenuto a farlo, perché la persona mi aveva dato il suo consenso in forma scritta ma, a malincuore, l’ho fatto. Se la persona era la protagonista della storia pubblicata, il racconto era stato scritto con le mie parole ed era frutto del mio tempo e del mio lavoro. Il successo di una storia dipende poi da tante cose: l’interesse per la storia scritta, il modo in cui la storia è stata scritta, quanto il protagonista ha pubblicizzato l’articolo. Ogni reazione è diversa dall’altra: abbiamo avuto protagonisti che hanno condiviso l’articolo in mezzo mondo, e l’articolo è stato, di conseguenza, molto visualizzato; altri invece l’hanno lasciato camminare sulle proprie gambe, e quindi l’articolo ha avuto meno lettori. Come detto e scritto tante volte, io non guadagno nulla con questo blog, che è frutto del mio bisogno di evasione, per cui non mi sembrava il caso di creare attriti o alimentare conflitti rifiutandomi di rimuovere un articolo.
Ritengo però necessario condividere con il lettore gli strumenti con cui questi articoli vanno letti: le storie di migrazione rappresentano brandelli di storia di qualcuno, che la racconta in un momento particolare della propria vita. Ovviamente viene riportato solo ciò che il protagonista condivide, e nessuno ha la presunzione di raccontare la storia di una vita intera. E’ un momento che il racconto fotografa, niente altro e niente di più. Le vite di tutti noi, si sa, sono molto dinamiche e soggette a cambiamenti, per cui niente è com’era quando abbiamo raccontato le storie. Dei protagonisti raccontati finora, due purtroppo non sono più tra noi, un paio sono tornati a vivere in Italia, un altro vive ancora all’estero, ma non più in Svizzera.
Spero di riuscire a trovare il tempo per continuare questa rubrica, anche se a scartamento ridotto. Dal momento che trascorro sempre più tempo in Italia e sempre meno in Svizzera, cercherò di dare più spazio a chi è arrivato in Italia da altri Paesi, come ho già fatto con Stephen e Bexi. Quanto successo avrà l’articolo non importa, come non è mai importato finora: ogni storia è unica, ogni storia è degna di essere raccontata. L’importante è leggerla con l’atteggiamento giusto, con la consapevolezza che nessun racconto esprime giudizi, e che ogni persona avrà la propria evoluzione, che l’articolo in questione non è in grado di raccontare.