Ci sono libri che parlano con te, e altri che parlano di te. Appartiene senz’altro a quest’ultima categoria il nuovo romanzo di Alessio Forgione, Il nostro meglio, pubblicato recentemente dall’editore La nave di Teseo. Avevo scoperto Alessio Forgione qualche anno fa grazie al suo romanzo d’esordio, Napoli mon amour, che era stato segnalato da Piergiorgio Paterlini su Robinson, il supplemento di Repubblica dedicato ai libri. Avevo trovato, oltre a una scrittura fluida e accattivante, tanti spunti interessanti, primo fra tutti i Campi Flegrei di Bagnoli e Soccavo, che mi avevano convinto a seguire con attenzione questo giovane scrittore. Mi sono imbattuto nuovamente in Forgione poco tempo dopo grazie al suo secondo romanzo, Giovanissimi, ambientato nel mondo del calcio dei ragazzini, che io tanti anni fa ho frequentato, proprio a Napoli, a seguito del mio fratello talentuoso che giocava nella categoria dei giovanissimi. La lettura di Giovanissimi mi aveva definitivamente convinto di trovarmi di fronte a uno degli scrittori più interessanti della nuova generazione, tanto che ho cominciato a regalare i suoi libri ad amici e parenti (anche Napoli Mon Amour, che ho trovato tradotto in russo in una libreria di Mosca e che ho immediatamente regalato alla mia collega Valentina, per farle conoscere la mia città, per una volta lontana dagli stereotipi).

Ma è stato con Il nostro meglio che mi è successa una cosa inaspettata: mi sono ritrovato dentro al romanzo, e contemporaneamente ringiovanito. Senza voler esagerare, ho ritrovato, attraverso il protagonista Amoresano, il Maurizio di trent’anni fa, studente universitario a Napoli.
Per descrivervi la trama, mi affido a un estratto del risvolto di copertina: Amoresano è cresciuto a Bagnoli con i nonni, una famiglia semplice con una vita fatta di piccoli gesti, bestemmie senza cattiveria e una saggezza popolare che tocca il cuore delle cose. Ora Amoresano vive con i genitori a Soccavo, va all’università. Osserva tutti e parla poco, la storia con la fidanzata non va, il suo rifugio è la lettura, le frasi che annota sono la sua ribellione silenziosa. Suona la chitarra e, a volte, sogna quasi di fare un disco con l’amico Angelo, che freme per fuggire a Londra. Nel mondo di Amoresano, sui treni che prende girando attorno a Napoli e ai suoi desideri, il pensiero torna sempre a quella nonna che l’ha cresciuto e che gli pare più avanti di tutti, che preferisce i murales ai muri abbandonati, che sa scegliere il momento migliore per arrabbiarsi, che insegna a voler bene alle persone giuste. Come cambia la nostra vita quando dobbiamo fare a meno di ciò a cui teniamo di più?
Nel romanzo ho ritrovato Bagnoli e quel che resta dell’Italsider, dove mio padre ha lavorato per tanti anni, la Napoli del centro storico e dell’università, anche se io non ho studiato Scienze politiche come il protagonista, il desiderio di Londra dell’amico del protagonista (sì, proprio Londra, la città fondamentale dei miei vent’anni), e soprattutto una nonna, moderna, saggia, che insegna al nipote ad amare le persone giuste e, soprattutto, lo ama incondizionatamente per il solo fatto che lui esiste, esattamente come fece mia nonna con me. Sì, questo libro parla di amore, nella sua forma più pura, quell’amore che ha provato chi da bambino ha avuto un’infanzia felice, grazie a una nonna fantastica.
Il nostro meglio parla anche dei primi grandi dolori, il più duro dei quali è forse il rendersi conto che si diventa adulti, e che questo è un processo irreversibile: quel che è stato non sarà più. Questo romanzo è anche la storia di una malattia, dell’attesa che una sofferenza finisca, e al tempo stesso della consapevolezza che, con una sofferenza che finisce, comincia un senso di mancanza, di vuoto, che poi ci accompagnerà tutta la vita. Amoresano dice: “per nonna avrò vent’anni per sempre”. Anche io, come il protagonista del romanzo, ho perso mia nonna quando avevo vent’anni, anche mia nonna è morta in gennaio.
Questo romanzo mi ha fatto ritrovare nudo, senza pelle, eppure non è stato doloroso leggerlo, ma, per quanto possa sembrare incredibile, dolce. Mi ha fatto provare una sottile nostalgia per un dolore cicatrizzato, per un tempo che fu, facendomi rendere conto che, pur avendo io cinquant’anni, ho anche, ancora e per sempre, vent’anni. Io non conosco Alessio Forgione, eppure Forgione sembra conoscere me, e anche molto bene. Sono questi i miracoli che avvengono quando la scrittura diventa letteratura. Grazie, Alessio.
E grazie Maurizio per aver scritto con tanta profonda semplicità, con tanta dolcezza, delle pagine di questo libro e delle madeleine che risvegliano i sogni dei ventenni che ancora siamo.
Come sempre, Maurizio, le tue recensioni spingono alla tettura di autori nuovi che si rivelano scoperte. Mi accingo ora alla lettura di questo giovane autore, sicura che anche questo sarà un’esperienza di lettura capace di aprire nuovi orizzonti, o meglio, come tu dici, di riportarci indietro a quei “noi stessi” che continuiamo a essere nonostante il passare degli anni. I lettori sanno bene che i libri fanno priprio questo, ci parlano di noi stessi in storie che magari apparentemente non ci somigliano, ci dicono una verità che all’improvviso ci appare evidente e che non sapevamo di possedere.
Ciao Maurizio come sempre le tue scritture colpiscono a segno e ci fai tornare , anche se per pochi minuti, ai vent’anni che furono. Grazie.
Bellissima riflessione…ho rivisto Maurizio e nonna Carmen!!! ❤️
Diffondiamo
Sei splendido come sempre a rendere semplici concetti e sentimenti che ti sgorgano dentro e che sono anche i nostri…grazie Maurizio ….
A quando un tuo libro?
Non credo che scriverò un altro libro, ma grazie per i complimenti
Ciao Maurizio, le tue recensioni sono sempre scritte in maniera impeccabile. Ogni volta che ti leggo, mi viene voglia di approfondire l’argomento di cui parli e di leggere ancora di più. Non conoscevo questo giovane scrittore napoletano, però sicuramente comprerò i suoi libri appena possibile.
Grazie per avermi accettato nel tuo blog.
Un abbraccio
Agostino