La prima volta fu nel 2005. Avevo inviato la mia richiesta a fine 2004, consapevole che solo l’1% delle domande sarebbe stato accettato. E, incredibilmente, avevano sorteggiato proprio me. Avevo cambiato lavoro poche settimane prima e perciò non avevo ferie da prendere, per cui con mio fratello programmammo soltanto un lungo weekend; scegliemmo un hotel economico, a qualche fermata di metropolitana. Io continuavo a rigirarmi i biglietti tra le mani, rileggendo quello che sapevo a memoria da mesi: 24 giugno, sedicesimi di finale, campo numero 1. Scendemmo dalla metropolitana alla fermata di Southfields, io emozionato come un bambino che sta per ricevere la sua prima comunione. Iniziammo a camminare, e ci ritrovammo in una fiaba: i volontari del quartiere che ci davano indicazioni per percorrere le poche centinaia di metri, noi possessori di biglietto a destra, coloro che avevano trascorso la notte in fila per acquistare i biglietti giornalieri, a sinistra. Venivamo accolti da sorrisi smaglianti, ci offrivano acqua, brochure informative, non mancava qualche caramella. Arrivammo finalmente davanti ai cancelli di Church Road, SW19 5AE… E Wimbledon fu!Capii immediatamente cosa intendesse lo scrittore Giorgio Bassani quando definì Wimbledon “il Vaticano del tennis”, mi sembrava veramente di essere entrato in piazza S. Pietro. Il grande tabellone all’ingresso, i campi di allenamento nell’area sulla destra, i campioni che ti passano a centimetri di distanza e sembrano dei ragazzini impauriti, forse perché sanno che su quei campi si scrive la Storia di questo sport. E sempre, durante tutta la permanenza, la sensazione che fosse il pubblico il protagonista dell’evento. Cominciammo a gironzolare sui campi laterali, gli steward ci aiutavano a prendere posto. Scegliamo di guardare la nostra numero 1, Silvia Farina, che gioca un match molto tosto contro la Likhovtseva; siamo in pochissimi su quel campo, la televisione italiana ci inquadra, e così riceviamo una pioggia di sms da parte di parenti e amici che sanno seguendo il torneo (non c’era whatsapp, allora). Poi, finalmente, l’inizio degli incontri sul campo numero 1, due match maschili e un femminile, e la giornata fu, come da tradizione, interrotta dalla pioggia; per fortuna accadde soltanto all’inizio del terzo incontro, ma potemmo gustare la partita perfetta di Feliciano Lopez che estromise, in tre tiratissimi set, il favorito numero 5 Marat Safin.
Già quella sera mi resi conto che difficilmente avrei avuto una fortuna del genere una seconda volta, e perciò avrei dovuto inventarmi qualcosa. Per gli anni successivi mi organizzai mandando richieste da parte di amici e parenti, con accordi preliminari molto chiari: io avrei pagato entrambi i biglietti e saremmo andati insieme; in caso di scarso o nullo interesse sarei andato con un’altra persona. Sono riuscito a partecipare, finora, a sette Wimbledon, tanti quanti i trofei vinti da Sampras. Ma spero di superare il suo record quanto prima. Sono tornato a Wimbledon nel 2006, 2007, 2008, 2014, 2015 e 2016. I ricordi degli incontri si sovrappongono l’uno con l’altro, tanto che spesso per ricostruire l’accaduto devo andare a riguardare i tabelloni del torneo. Mai e poi mai ho però sovrapposto le emozioni, sempre antiche e sempre nuove, ogni volta. Nel 2006 ebbi la fortuna (almeno così pensavo) di aver vinto i biglietti per il campo centrale, nella giornata inaugurale. Come da tradizione apriva le danze il vincitore dell’anno precedente, Roger Federer, quell’anno opposto al francese Gasquet. Purtroppo il tempo fu inclemente, in tutta la giornata riuscimmo a vedere solo 32 minuti di tennis giocato, oh, non consecutivi naturalmente, che consentirono comunque a Federer di aggiudicarsi il primo set contro Gasquet, con il punteggio di 63. All’ingresso, avevo incontrato il mio ex collega, e tuttora amico, Massimiliano, che aveva trascorso la nottata in fila. Così, insieme a mio padre, accompagnatore ufficiale quell’anno, ci muovevamo da un punto all’altro per provare a ripararci dalla pioggia incessante. Con Massimiliano andammo a salutare Gianni Clerici all’ingresso della sala stampa; pioveva talmente tanto che il giovane della sicurezza s’impietosì e ci fece continuare la nostra chiacchierata all’asciutto. In contemporanea si svolgevano i campionati mondiali di calcio, l’Italia soffriva contro l’Australia e noi cercavamo di sbirciare l’interno della sala stampa per scoprire cosa stesse succedendo. Alla fine, nel pieno rispetto dei regolamenti di Wimbledon, essendosi giocata meno di un’ora in totale, ci fu rimborsato il costo del biglietto.
Nel 2007 vincemmo di nuovo per il venerdì dei sedicesimi di finale, stavolta ci andai col mio amico Luciano, la pioggia ci tormentò ma non troppo. Anche quella volta i biglietti erano per il campo numero 1, vedemmo sicuramente Roddick contro Verdasco, e la Jankovic sconfiggere la Safarova. Se non erro, era la prima volta in cui si usava l’occhio di falco per controllare le chiamate; ricordo sicuramente che la Jankovic lo utilizzava moltissimo. Nel 2008 accadde una cosa incredibile, ben tre persone vinsero i biglietti. Tutte e tre per il campo numero uno, ancora una volta. Acquistai quelli per il lunedì degli ottavi di finale. Una volta lì, ci trovammo di fronte a un evento straordinario: faceva caldo, c’era il sole! Gli organizzatori e i volontari non si spaventarono di quell’evento inatteso, offrivano a tutti bottiglie d’acqua, e addirittura passavano durante i cambi di campo per offrire la crema protettiva, per evitare che gli spettatori si scottassero. Ancora una volta ebbi modo di constatare come gli spettatori venissero coccolati. Quell’anno ero con mio fratello, e insieme inaugurammo una nuova tradizione, quella delle fragole con panna, che fanno parte del pacchetto di Wimbledon e non possono mai mancare. Per la prima volta vedemmo Nadal in azione, che distrusse Youzhny. Mi resi conto di quanto il giocatore maiorchino, che allora non aveva vinto niente sull’erba, fosse amato in Inghilterra. L’affetto della folla gli portò fortuna, tanto che quell’anno vinse il primo dei suoi due Wimbledon, interrompendo il dominio quinquennale di Federer.
Avevo vinto i biglietti anche nel 2009, ma pochi giorni prima della partenza rinunciai, a causa delle cattive condizioni di salute di mia madre. Comunicai la rinuncia agli organizzatori, e in men che non si dica mi furono restituiti i soldi dei biglietti. Dopo quella rinuncia dovetti attendere fino al 2014 per tornare a vedere tennis giocato a Wimbledon, ma le regole erano cambiate e diventate a me più sfavorevoli. Una volta acquistati i biglietti, questi non venivano spediti a casa, ma si ritiravano alla cassa il giorno dell’evento, muniti di documento di riconoscimento. Ciò significava che non potevo più partecipare al sorteggio con gente che non era interessata a venire con me. Quell’anno vinsero il sorteggio due colleghi, ma uno non era interessato al tennis. Per fortuna era interessata Paola, che grazie a quel viaggio divenne una cara amica. Eravamo ancora una volta sul campo numero uno, per il martedì dei quarti di finale femminile. Avemmo però fortuna, il giorno prima era piovuto e allora si dovevano recuperare alcuni ottavi di finale del singolare maschile, tra i quali Federer Robredo, programmato proprio sul campo 1. E così ci lasciammo deliziare da Roger, prima di ammirare le regazze ceche, entrambe mancine, Safarova e Kvitova (che poi avrebbe vinto il torneo). Nel 2015 non ebbi fortuna con il sorteggio, ma decisi di festeggiare il settantesimo compleanno di mio padre regalandogli una gita ai Championships. Presi i biglietti per il campo centrale, per la giornata inaugurale. Prima dell’inizio, andammo a bere un drink al bar dei vip, decisamente non una cosa adatta a noi: bevemmo in fretta e ci tuffammo nel verde dei campi laterali, dove vedemmo Flavia Pennetta soffrire (e perdere) contro Zarina Dyas, una giocatrice di grande talento mai esplosa veramente. Ci recammo poi sul campo centrale (per i non addetti ai lavori, i match dei campi principali cominciano un’ora dopo), per ammirare il debutto del campione uscente, Djokovic, che domò il tedesco Kolschreiber, poi farci deliziare da Maria Sharapova alle prese con la Konta, allora ancora inesperta, e per poi finire con il numero 4 Wawrinka, che dispose facilmente del portoghese Sousa.
La sorpresa arrivò però nel 2016, quando fui sorteggiato di nuovo con il mio nome, undici anni dopo la prima volta, e addirittura per la finale maschile, in terza fila, quindi visuale ad altezza giocatori. Sarei dovuto andare di nuovo con mio padre, che rinunciò all’ultimo momento, perché la mia nipotina Sofia nacque proprio durante quel torneo. Marco, un mio collega tedesco, accettò di unirsi all’ultimo minuto, e finale fu! Il giocatore di casa Murray, contro il canadese Raonic. Così vicini al campo, ammiravamo anche tutta l’organizzazione: i raccattapalle che pareva danzassero, i giudici di linea concentratissimi, le televisioni onnipresenti ma discrete. L’incontro terminò purtroppo in tre soli set, ma con due tie-break e un solo break in tutto il match.
Sono tornato a Wimbledon più volte anche in inverno, per visitare il museo del tennis, e una volta anche per visitare la biblioteca. A quest’ultima si accede previo appuntamento, e così quando arrivai scoprii che l’addetto alla sicurezza mi stava aspettando. Libri sul tennis da tutto il mondo, suddivisi per lingua, sembrava di essere nel paese delle meraviglie. Nella sezione italiana, tra un mare di libri importanti, era conservato anche il mio piccolo Numeri 1 per un giorno.
Wimbledon d’inverno è un quartiere deserto e tranquillo, con la gente che ti saluta per strada quando t’incrocia, esattamente come avviene a Horgen. Non sembra proprio di stare nel caos di Londra.
Ho partecipato a diversi altri tornei di tennis: US Open, Roland Garros, Roma, Milano, Basilea, Bergamo, eppure mai ho provato le emozioni di Wimbledon. A Wimbledon ci si sente non solo a contatto con la storia, ma l’organizzazione e i volontari ti fanno sentire il protagonista dell’evento. Un’esperienza che consiglio a tutti nella vita, anche ai non appassionati di tennis. Io, che il tennis lo amo, continuerò a partecipare ai sorteggi e cercherò di raggiungere il numero di Wimbledon vinti da Federer, e poi quelli di Martina, e poi chissà…
Caro Maurizio grazie
Tutte le emozioni vissute le hai passate dal tuo cuore, ed anche il mio, alle dita e poi in questo articolo…. aggiungo solo una cosa: in quel 2006 dal giorno dopo non fece neanche una goccia d’acqua!!!!!! Anyway possiamo raccontare di aver visti sua maestà Roger aprire il programma di gioco di quella splendida edizione…io e mia sorella poi eravamo dal lato opposto del royal box in terza fila ….sarebbe stato troppo riuscire ad assistere a tutto il programma….. ci siamo fatti bastare quei 32 minuti …
E poi ci incontrammo…. indimenticabile
Viva la vita
Bellissimo, tutto, bellissimo l’impiccio dei nomi per entrare nel sorteggio !! Mi hai fatto ripensare ai pomeriggi solari quando mio padre ci portava al Foto Italico di Roma. Ricordo indelebile sono le partite con Nastase il ribelle. Che allegria !
Si sente tutta l’emozione!