Milena nasce nel 1982 in provincia di Lecce, da madre svizzera e padre italiano. I genitori si erano conosciuti qualche anno prima a Sierre, dove il padre, studente di ragioneria, si recava in estate, per raggiungere suo padre, che lavorava lì quasi tutto l’anno, come tantissimi altri migranti salentini a quel tempo.
La bambina cresce, perfettamente bilingue, in un piccolo paesino della provincia leccese, dove l’unica socialità è legata alla chiesa, e scopre presto che ci sono cose che può fare e altre che è opportuno non fare, perché è “femmina”. Vuole giocare a calcio, e riesce anche a fare qualche partita, su insistenza della madre che convince l’allenatore, ma poi abbandona, almeno fino ai sedici anni, in quanto il pallone non è un gioco da femmine ed è troppo faticoso dover sempre giustificare o spiegare la sua presenza. A Carnevale vorrebbe travestirsi da Robin Hood, nonostante i vestiti destinati alle femmine siano altri. Sogna di far parte dei boy scout, ma anche quello è difficilmente accessibile, così si rifugia nella sua stanzetta a leggere il manuale delle giovani marmotte.
Due volte all’anno, in estate e a Natale, con tutta la famiglia, Milena si reca in Svizzera dai nonni e zii materni; ogni volta che attraversa la frontiera e arriva a Ginevra, la bambina avverte netta la sensazione di libertà.
Milena non incarna per niente lo stereotipo della bambina di un paesino del sud, e nessuno la tratta come tale, men che meno il padre, che la spinge sempre a migliorarsi e la sprona a ottenere ottimi risultati scolastici. Milena frequenta con profitto il liceo scientifico e la parrocchia: possiede forte il senso della spiritualità e frequenta, oltre all’ambiente ecclesiastico in generale, i movimenti missionari in particolare. Nel frattempo continua la sua vita di ragazzina fuori dagli schemi: fin dall’età di quindici anni trascorre l’estate a lavorare, per guadagnare i soldi che le servono per comprarsi lo scooter; una volta acquistatolo, si reca immediatamente dal meccanico per farlo “truccare” adeguatamente.
Terminato brillantemente il liceo scientifico, Milena sceglie di frequentare l’Università in Svizzera. Si trasferisce a Losanna nel 2001, per studiare Economia. La ragazza pugliese è determinata a conquistare l’indipendenza economica perché ha ben chiaro che essere indipendenti economicamente vuol dire essere libere. Cerca fin da subito di pesare il meno possibile sulla famiglia: vive in una piccola stanza in affitto e ottiene sempre borse di studio per merito, che l’aiutano nella conquista dell’indipendenza.
Dopo la laurea triennale in Economia, si iscrive al corso di laurea magistrale in Informatica gestionale e si laurea nel 2006. Pochi mesi prima di laurearsi Milena firma già un contratto di lavoro con un’importante società internazionale e, subito dopo la laurea, si getta a capofitto nel lavoro. Da vera stacanovista, in pochissimo tempo raggiunge il livello di manager. Eppure Milena non è completamente soddisfatta; il suo sogno è di lavorare per il bene comune e inizia a valutare con attenzione il settore del servizio pubblico. Contemporaneamente al lavoro continua a studiare, e consegue un Master in “Sustainability Management”.
Poco tempo dopo, coglie al volo l’occasione che tanto combaciava con le sue aspirazioni: un lavoro presso un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, nel campo della gestione dei rischi informatici. Per poi evolvere nei ruoli che copre oggi di Capo di Gabinetto e Direttrice dell’Amministrazione della stessa.
Come tanti migranti, Milena si rende conto di essere spesso percepita come due volte straniera: italiana in Svizzera, e svizzera in Italia. Pur avendo, fin dalla nascita, due nazionalità, al momento dell’assunzione all’ONU Milena può registrarsi con una sola delle due. Quale scegliere? Per il cuore, le due nazionalità sono equivalenti, ma equivalenti non sono i diritti. Se Milena avesse scelto di registrarsi con la cittadinanza italiana, la sua compagna di allora non avrebbe avuto diritto ai diritti sociali (benefit sanitari per i familiari dei dipendenti, pensione di reversibilità, …) previsti dalla loro unione; vigeva infatti una regola, allora (per fortuna nel frattempo è cambiata): i dipendenti dell’ONU potevano usufruire, per le loro famiglie, dei benefici previsti dalla nazione d’origine. In Italia le coppie omosessuali non erano riconosciute, mentre in Svizzera sì, e così Milena optò per la nazionalità elvetica.
Nella sua esperienza lavorativa, prima in un’azienda privata e poi all’ONU, Milena ha avuto modo di osservare quanto fosse difficile la carriera lavorativa per le donne, vittime non solo di maggiori difficoltà a bilanciare la vita privata con la vita lavorativa (i servizi quali gli asili nido sono molto pochi e, spesso, troppo costosi), ma anche di pregiudizi inconsapevoli in un mondo del lavoro ancora troppo maschilista. Si rende conto di non aver mai avuto un capo donna, da poter prendere, se non come modello, almeno come punto di riferimento. Nella sua carriera, Milena è riuscita a sfondare quel “tetto di cristallo” che spesso impedisce alle donne di riuscire, diventando la prima Direttrice dell’Amministrazione dell’agenzia, che include, tra gli altri, il dipartimento risorse umane e delle finanze. Da allora si impegna, sul lavoro e non solo, per rendere la diversità un valore aggiunto e non un ostacolo e combatte quotidianamente tutti i pregiudizi inconsapevoli che ostacolano la reale parità di genere.
Pur avendo vissuto il 50% della sua vita lontano dal Salento, Milena è profondamente attaccata alla sua terra, tanto da aver comprato lì un terreno pieno di olivi, dove sta costruendo una casetta.
Milena vive, con la sua compagna, a Losanna, non lontano dai fratelli, anch’essi arrivati in Svizzera per l’Università e mai più tornati in Italia. Allietano la vita di Milena due splendide nipotine.
Già pubblicato su Sconfinamenti, il 13 marzo 2021