Dalla Romania all’Italia: Male a est

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Andreea Simionel è una giovane scrittrice, nata nel 1996 in Romania e da tanti anni in Italia. Diversi suoi racconti sono stati pubblicati su varie riviste letterarie e il suo racconto Addio Sicilia è stato tradotto in tedesco all’interno dell’antologia Literatur tandem letterario. La casa editrice Italo Svevo ha recentemente pubblicato il suo romanzo d’esordio, Male a est, un affresco dei nostri tempi.

Protagonista è una bambina, Andreea Paval, che vive in Romania con la madre e la sorella; il padre, invece, è lontano, emigrato in Italia, a Torino, per lavorare. La prima parte del romanzo ci racconta la vita di questa famiglia menomata, che mantiene i contatti col la persona che manca, il papà, con telefonate quotidiane, che affronta come meglio può le sfide che costantemente la vita propone. Questa famiglia non costituisce un’eccezione nel vicinato, ma al contrario rappresenta la triste norma. La svolta avviene verso metà romanzo, quando i genitori decidono di trasferire tutta la famiglia in Italia. Grandi speranze, paure nascoste, fragilità occultate in quella che, dopo un viaggio che tante delle persone che incrociamo quotidianamente hanno affrontato, diventerà la nuova città della famiglia Paval, Torino. L’Italia che dalla televisione sembrava la terra promessa diventa in realtà lo specchio della miseria, della lotta per la sopravvivenza. Grazie alle parole di questo romanzo comprendiamo meglio lo stato d’animo di chi ci circonda, stato d’animo che, oh quanto spesso, è stato, se non proprio il nostro, quello di amici o parenti che, a un certo punto della loro vita, sono stati costretti, indotti, invogliati a partire. Particolarmente impresse mi sono rimaste le riflessioni alla vigilia della partenza: Ci dividiamo in quelli che restano e quelli che vanno via. Quelli che restano ci guardano come fossimo malati. Noi facciamo lo stesso con loro. Qui i malati terminali non sono quelli che muoiono, ma quelli che vanno via. Noi siamo malati di estero. Noi siamo malati di Italia, Spagna, Grecia, Inghilterra. Siamo malati di Europa. Non abbiamo più niente da dirci, niente da dire alle persone intorno. Non abbiamo più una lingua in cui dire, non abbiamo più intorno. Quante volte mi sono sentito così, una volta lasciata l’Italia, pur avendolo fatto in condizioni privilegiate. Quante volte, pur rispettando sempre, non ho capito chi è rimasto.

Che dire poi dell’ultimo capitolo alla fine del libro, quelli in cui la protagonista ci confida che preferisce non dire il suo nome? Preferirei non dire il mio nome, se non vi dispiace. Più che altro perché so già come va a finire. Io lo dico e voi mi chiedete da dove vengo e finiamo per parlare della mia vita. Quante volte ci siamo comportati così, vero? Quanti pregiudizi più o meno inconsapevoli, spudoratamente manifestati?

Una piccola riflessione sulla lingua, così personale, che risente dell’intrecciarsi di due lingue, quella romena e quella italiana. Risente in senso positivo, naturalmente, perché questa fusione apporta valore aggiunto all’opera della Simionel.

Insomma, per dirla con le parole di Nadeesha Uyangoda: Una scrittrice giovane, da tenere d’occhio, e un libro imperdibile.  

2 Comments

  1. Io sono emigrata per la prima volta nel 1996, sapendo che era un biglietto di sola andata. La Sardegna porta a decisioni estreme, sia nel caso che si parta o che si resti. Pochi sono immuni anche solo alla considerazione di partire. Per molto tempo facevo fatica a capire chi restava. Ora capisco. Ogni Paese ed emigrazione mi ha arricchito, rafforzato o indebolito e cambiato profondamente. Ed ho capito che ruolo preponderante ha l’ambiente circostante.
    Ciononostante chi ha il privilegio di non porsi la domanda (se dover partire o restare), e conosce altri luoghi e persone solo dalla prospettiva del turismo o del viaggio, tende spesso a giudicare o idealizzare. Ed ora mi chiedo: non doversi porre questa domanda è solo un privilegio o un limite?

  2. È molto carino, sono stata alla presentazione del libro a Bologna in una piccola ma mooolto valida libreria e ho conosciuto l’autrice…una ragazza che ha saputo rispecchiare in parole semplici, a tratti crude ma efficacissime i sentimenti della “migrazione ” anche linguistica di chi deve ambientarsi in un paese altro rispetto a quello di origine…

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