Dopo il genocidio del Ruanda del 1994, molti dei giovani sopravvissuti, soprattutto studenti universitari e delle scuole superiori, sentirono il bisogno di costituire nuovi nuclei familiari, le cosiddette “famiglie di elezione”, per colmare, almeno parzialmente, i bisogni affettivi venuti a mancare con l’uccisione dei genitori e dei parenti adulti, ma anche i bisogni pratici. Nelle famiglie di elezione, infatti, ogni componente ricopriva un ruolo: il padre, la madre, i figli… I ruoli potevano cambiare con il tempo, in base alla disponibilità dei diversi componenti. L’obiettivo principale era prendersi cura gli uni degli altri.
Imparai tutte queste cose leggendo libri e articoli sul genocidio e ho sempre creduto che questo genere di famiglie fosse presente solo in Ruanda, ma, grazie al libro La famiglia, una storia ruandese, del giornalista Pietro Veronese, pubblicato poche settimane fa dalla casa editrice e/o, in occasione del trentesimo anniversario dell’inizio del genocidio, ho scoperto che una famiglia del genere esiste anche in Italia.
Veronese ha raccolto le testimonianze dei componenti della Famiglia Igihozo, parola che avevano scelto di usare come cognome, che in italiano vuol dire consolazione.
Impariamo così a conoscere Leonie, che vive a Roma, è laureata e ha due figlie. Grace, sorella minore di Leonie, anch’ella laureata, vive a Roma con un figlio. Mimì, che vive in provincia di Roma, è laureata ed è la più giovane della famiglia. Kazungu, che come le altre abita a Roma, è laureata e ha un figlio. Beata, dottoressa in Medicina, vive a Roma, (attualmente non fa parte della famiglia). Honorine, dottoressa di ricerca, vive in provincia di Milano col marito Kagabo, anch’egli parte della famiglia, anch’egli laureato. Luc, sacerdote della chiesa cattolica, vive attualmente in Svizzera ed è il decano della famiglia. E infine, ma non ultimo, Albert, psicologo e videomaker, che ora vive in Belgio.
Il giornalista raccoglie le testimonianze di ciascuno dei protagonisti, facendosi raccontare le loro vite prima del genocidio, all’inizio del genocidio, durante i cento giorni dei massacri, e poi la vita dopo, il loro arrivo in Italia, l’incontro con gli altri componenti della famiglia, fino al momento in cui decidono di costituire la loro famiglia d’elezione, con le difficoltà che la distanza comporta. Il tutto è descritto in maniera semplice, senza grandi clamori, e per questo le testimonianze risultano ancora più toccanti.
Un libro da leggere, che meriterebbe una diffusione maggiore di quanta ne abbia avuta finora.
Anche senza la brutalità inconcepibile e il trauma immenso che devono avere vissuto, credo che chi emigra tenda a formare intorno a sé una famiglia elettiva.
Per fortuna nella realtà esistono molte forme di vivere i legami familiari.