Sonia Sozza Mercerat

Sonia è una splendida signora di 63 anni, proprietaria di un interessantissimo negozio di abiti vintage. I suoi genitori arrivarono dalla provincia di Treviso nei primi anni ’50.

Sonia è una splendida signora di 63 anni, proprietaria di un interessantissimo negozio di abiti vintage. I suoi genitori arrivarono dalla provincia di Treviso nei primi anni ’50. Il padre Augusto, oggi novantunenne, arrivò a Ginevra all’età di ventuno anni, per lavorare nei cantieri. Di famiglia povera e numerosa, con l’Italia in ginocchio dopo la guerra, come tanti altri connazionali non ebbe altra scelta se non l’emigrazione. La mamma Amelia, che tutti chiamano Onelia, allora sedicenne, nonostante fosse di famiglia benestante decise comunque di emigrare, per seguire Augusto, il suo amore. Trovò lavoro come domestica presso una famiglia ricchissima. I genitori si sposarono 66 anni fa, e, come possiamo immaginare, i primi anni in Svizzera non furono affatto facili. Il contratto all’inizio era di tipo stagionale, della durata quindi di nove mesi, trascorsi i quali i coniugi Sozza dovevano lasciare il Paese e tornare in Italia per tre mesi, in attesa del nuovo contratto. Sonia ricorda ancora i racconti dei genitori su quel periodo, in particolare sui controlli alla frontiera, le visite mediche, il disinfettante spruzzato sui loro corpi poco vestiti, il disprezzo che gli svizzeri non mancavano di manifestare nei loro confronti… Eppure ci sarebbe dovuta essere solidarietà, considerato che la Svizzera era stato un Paese di emigranti fino a qualche anno prima. Come abbiamo potuto constatare, purtroppo la storia si ripete, e noi italiani oggi ci comportiamo con i migranti allo stesso modo in cui gli svizzeri si comportavano con noi non troppi anni fa.

Sonia nacque a Ginevra e la mamma, non sapendo a chi lasciarla, la portava con sé a lavoro. Purtroppo la bambina non riusciva ad ottenere tutte le attenzioni di cui avrebbe necessitato e così i genitori decisero di riportarla in Italia, dai nonni paterni e dagli zii, cosa che fecero quando Sonia compì 18 mesi. Da quel momento in poi l’infanzia di Sonia trascorse in campagna, libera in mezzo alla natura. L’unico obbligo che aveva era di recitare le preghiere della sera. Trascorreva tanto tempo in chiesa, assieme alla nonna e, pur non riuscendo a esprimerlo a parole, sentiva che le mancava qualcosa. Le mancava la presenza dei suoi genitori, che incontrava una volta l’anno, a Natale, per 2 o 3 settimane. Ogni 2 o 3 mesi una la zia le dettava la letterina da scrivere ai suoi genitori, cosa che Sonia faceva, ma senza sentirlo veramente.

Nel frattempo le cose a Ginevra migliorarono. I genitori trovarono lavoro come portieri in un palazzo signorile del centro della città, nei pressi della cattedrale, e così poterono riprendere la bambina con sé. Sonia ricorda ancora il giorno del suo ritorno in Svizzera, quando la sua vita cambiò completamente: 2 ottobre 1967. Tutto era nuovo per la bambina veneta: dalla campagna era andata a vivere in città, da una casa circondata da giardino e alberi era passata in un appartamento nel centro storico, dai nonni era passata a vivere con persone che quasi non conosceva, anche se erano i suoi genitori. A scuola, venne inserita in quarta elementare, pur non parlando una parola di francese, e la sera, a casa, si esercitava con la mamma, che non sapeva scrivere in francese ma sapeva parlarlo, per imparare il più possibile. Il papà purtroppo non poteva essere di aiuto, perché sui cantieri aveva imparato a parlare un po’ di slavo, un po’ di spagnolo, un po’ di portoghese, ma certamente non il francese. La scuola era in pieno centro, frequentata da figli di famiglie ricchissime e importantissime, e i compagni di scuola non mancavano di far sentire Sonia inferiore, a causa del suo diverso ceto sociale. Sonia fece tanti sforzi per superare questo senso di inferiorità, e si mise a studiare tantissimo, fino a ottenere buoni voti. Per affogare le sue frustrazioni si rifugiava nel cibo, in questo aiutata dall’ottima cucina di mamma Onelia.

Dopo la scuola, per far contenti i genitori, si preparò per un esame per essere ammessa a lavorare, come apprendista, presso la banca svizzera (l’attuale UBS). Superò l’esame e così per Sonia cominciò una nuova avventura, che, dopo l’apprendistato, continuò con un lavoro part time. In quel periodo, era il 1974, i migranti erano preoccupati per l’esito del secondo referendum Schwarzenbach, e tra loro anche i genitori di Sonia, che comunque facevano di tutto per non trasmettere la propria preoccupazione alla figlia. Sonia però non poteva non notare le valigie pronte, messe dietro la porta nel caso fossero dovuti scappare di corsa.   

A vent’anni Sonia decise di partire e trascorrere sei mesi in Inghilterra, per imparare l’inglese. Furono mesi intensissimi, durante i quali respirò il profumo della libertà e fece diverse importanti conoscenze, anche se il suo livello di inglese non migliorò tantissimo. Durante il soggiorno conobbe un ragazzo svizzero e cominciarono a frequentarsi. Sonia gli propose, al ritorno in Svizzera, di smettere di vivere con i genitori e di cominciare a vivere da soli, anche se separatamente. Questo è quello che Sonia fece, ma il ragazzo preferì le comodità della famiglia alle fatiche dell’indipendenza e così, pochi mesi dopo, la storia d’amore finì.

Sonia riprese a lavorare, ma all’80%, per avere sempre un po’ di tempo a disposizione per se stessa. Un giorno, in visita a Morges da un’amica, conobbe un signore più anziano di lei, ricco proprietario di una grandissima tenuta sul lago Lemano, che le propose di andare a lavorare presso di lui come dama di compagnia. Sonia accettò con entusiasmo, e lavorò presso la tenuta per tre anni, fino a quando il ricco signore non le propose di sposarlo. Sonia si rese allora conto che quello che in realtà il signore voleva era una giovane moglie da esibire, ma non era questo che Sonia desiderava dalla vita, e così, oltre a dire no alla proposta, Sonia lasciò anche il lavoro. Trovò subito un altro lavoro all’ospedale di Morges, e poi avviò un negozio a Losanna in cui vendeva oggetti antichi, ma il canton Vaud cominciò a starle stretto e così decise di tornare a Ginevra.

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Cominciò a lavorare al mercato delle pulci, vendendo abiti di seconda mano. Nel tempo libero, cercava di conoscere nuovi amici. Un giorno incontrò un motociclista, che lavorava in un negozio di strumenti musicali, faceva parte di un gruppo folk locale, come suonatore di banjo, ed era anche liutaio: Yves. I due giovani si frequentano, si piacciono, si innamorano, e hanno una storia che dura 16 anni dalla quale nascono due bambini, che oggi hanno 31 e 29 anni. Entrambi i giovani lavorano duramente, Sonia continuando a lavorare al mercato, Yves riuscendo ad aprire un negozio. Nel frattempo i figli crescono, e gli anni di duro lavoro consentono a Sonia di aprire un negozio tutto per sé. Poco dopo l’apertura del negozio, Sonia prende una decisione dolorosa, quella di lasciare Yves, perché sente che, già da tempo, le cose non vanno come dovrebbero. Ma purtroppo il destino è in agguato e porta terribili disgrazie: Yves muore improvvisamente qualche mese dopo, e Sonia resta sola, con due figli adolescenti e due negozi da gestire. Gli anni che seguono sono duri, ma Sonia come sempre non si perde d’animo e, con il duro lavoro che l’ha sempre contraddistinta, riesce a venire a capo anche di questi momenti bui. Se, dopo aver letto questo articolo, anche a voi è venuta voglia di conoscere personalmente questa signora così ricca di energie positive, non dovete far altro che andare a visitare il suo negozio, al numero 15 di Rue des Etuves.

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