Il mio incontro letterario con Piera Ventre, una delle scrittrici più intense e profonde del panorama contemporaneo, avvenne per caso: ero in libreria e fui attratto da un libro appena pubblicato, Palazzokimbo, che, per chi come me è stato bambino a Napoli negli anni ’70, indicava un palazzo in particolare. Comprai il libro, cominciai a leggerlo, e fu amore a prima vista. I romanzi della scrittrice partenopea sono per me garanzia di qualità e per questo mi piace regalarli a parenti e amici in ogni ricorrenza utile, certo di fare bella figura. In attesa del suo prossimo romanzo, ho avuto l’onore di fare quattro chiacchiere con Piera.
Ti ho scoperto grazie al tuo libro d’esordio, Palazzokimbo, conquistato dalla piccola protagonista, Stella D’Amore, e dalla sua famiglia. Ti ho poi ritrovato con la famiglia Imparato di Sette opere di misericordia, libro che ha appena vinto il Premio Procida – Isola di Arturo – Elsa Morante, e di cui avevo raccontato l’anno scorso sul giornale svizzero Corriere dell’italianità. Chi sono i tuoi personaggi, come nascono?
Chi può dire come nascono i personaggi? Immagino che, come tutti gli scrittori, abbia una particolare propensione all’osservazione. Le persone mi incuriosiscono, sono molto attenta ai moti di spirito di chi mi circonda, e anche ai miei. Suppongo che parecchio di tutto ciò poi confluisca nella costruzione di un personaggio, nella sua complessità tanto che, a un certo punto, quando il loro percorso si fa più compiuto, io mi trovo a immaginarli in un modo piuttosto concreto e mi pare che ascoltarli sia l’azione più onesta che possa fare. Alla fine, mi piace pensare che si tratti nient’altro che di fantasmi che vengono a visitarmi e che mi regalano un brandello della loro unicità in modo che io possa testimoniarne una traccia, un passaggio.
Un’altra protagonista dei due romanzi è Napoli, quella degli anni ’70 in Palazzokimbo, quella post-terremoto in Sette Opere di misericordia. La tua non è la Napoli che tutti conoscono, quella da cartolina; tu racconti la Napoli dei margini e ne tiri fuori tutta la sua bellezza. Ci racconti la tua Napoli?
La mia Napoli è la Napoli di quegli anni (i ’70 e gli ’80) giacché poi, per motivi personali, me ne sono allontanata e non ci ho vissuto più. Non posso dire di avere reciso il cordone, perché Napoli è una città che non si abbandona mai del tutto. Le si appartiene pure da lontano e io, da lontano, la spio, me la faccio raccontare, la fantastico. Al contempo so che gli anni che vi ho trascorso, ormai, sono più brevi di quelli che ho poi vissuto altrove.
Malgrado ciò, so bene che sono stati gli “anni fondativi”, quelli che hanno fatto di me ciò che sono nel profondo. La mia Napoli, adesso, per me è quasi come una delle città invisibili di Calvino. Potrei raccontarla (e, difatti, la racconto) seguendo una geografia che si snoda tra il ricordo, l’immaginazione e il sogno (o la visione, che poi sono più o meno la stessa cosa). Per quanto riguarda i margini, li ho sempre trovati più interessanti e ho sempre allenato il mio sguardo affinché si posasse più sui contorni che sul centro. Credo che tutto il mondo andrebbe guardato così.
Io so che, oltre a essere un’ottima scrittrice, sei una lettrice vorace, per cui vorrei farti un po’ di domande sulla Piera Ventre lettrice. Quali libri sta leggendo Piera Ventre in questo momento?
Sono una lettrice curiosa, ma non mi identifico come lettrice vorace. Di più: ho una personale idiosincrasia riguardo all’espressione “divorare un libro” sebbene capisca che, il più delle volte, viene usata quando da un libro non ci si riesce a staccare e ci si immerge nella lettura compulsiva. Questa modalità di lettura era dei miei anni giovanili. Adesso sono una lettrice lenta e ho necessità di godere della lettura in maniera più ragionata, meno impulsiva. Riguardo ai libri del momento, ho da poco concluso una raccolta di racconti di Samanta Schweblin, “Sette case vuote”, che mi ha particolarmente colpita e adesso sono alle prese con “Racconti di New York” di Maeve Brennan e “il grande mare dei sargassi” di Jean Rhys.
Da lettore “forte”, spesso faccio fatica a orientarmi nella marea di libri che l’editoria italiana propone. Ho spesso l’impressione che i libri che arrivano al grande pubblico siano alcuni di quelli pubblicati dalle grandi case editrici; si corre così il rischio di perdere dei gioiellini, solo perché non adeguatamente pubblicizzati. Tu, che oltre a essere scrittrice sei anche una lettrice forte, hai la mia stessa sensazione? Cosa si potrebbe fare per portare alla luce i gioielli nascosti?
Sì, ammetto che è diventato difficile districarsi in libreria giacché le novità si susseguono e si accavallano in maniera impressionante. Sul libro diventato “prodotto” ci sarebbe da aprire una grande discussione, ma non mi azzardo. Posso solo dire che, per quanto mi riguarda, seguo molte riviste di settore e cerco di prestare attenzione alle piccole case editrici di qualità, che molto spesso sono le più coraggiose per quanto riguarda la scelta dei loro cataloghi. Per portare alla luce i libri di valore, che pure escono per fortuna, credo che uno dei canali più importanti sia il passaparola tra i lettori. Da lettrice, cerco di farlo. Se mi imbatto in qualcosa che mi emoziona provo a condividerlo come posso.
Quali scrittori italiani contemporanei ti piacciono? Quali libri italiani degli ultimi anni hai amato?
Approfitto del Premio Strega da poco concluso per dirti che il libro vincitore di Emanuele Trevi, “Due vite” è stato sicuramente quello che ho amato di più nell’ultimo anno di letture e lo segnalo con estrema facilità poiché mi tocca ammettere che in quest’ultimo periodo ho letto quasi esclusivamente autori stranieri oppure ho cercato di colmare lacune verso autori italiani che non si possono definire contemporanei.
In generale, quali libri e quali autori hanno influenzato la tua vita, tanto da considerare obbligatoria la loro lettura?
Ce ne sono talmente tanti che è particolarmente difficile rispondere. Parto anche dal principio che non considererei obbligatorio leggere alcunché e che il percorso di ciascun lettore sarebbe comunque interessante da conoscere. Non so se hanno influenzato la mia vita, ma il mio modo di intendere la scrittura di certo sì: mi riferisco a Elsa Morante e Anna Maria Ortese che sono state le autrici più lette durante la mia giovinezza. Di loro ho letto tutto e le ho amate moltissimo. Più che obbligare, mi limiterei a consigliarne l’opera.
Vado sul classico e dico “I promessi sposi” di Manzoni, arretrando di un secolo rispetto al Novecento. In quel romanzo c’è tutto ciò che serve. Del Novecento, rimetto in pista la Morante, e aggiungo Lalla Romano, Natalia Ginzburg, Cesare Pavese.
Ultima domanda, so che a breve uscirà il tuo ultimo romanzo, che non vedo l’ora di leggere. Puoi darci una piccola anticipazione?
Il mio spirito partenopeo prende il sopravvento e mi fa scaramantica. Posso solo dirti che parlerà di qualcosa che ci riguarda tutti. Lo so, sono vaga, ma concedimi i miei piccoli rituali, e perdonameli.
Intervista briosa e completa ad una scrittrice tra le più interessanti del panorama italiano.
Non conosco l’autrice ma al termine dell’intervista viene la voglia di uscire e andare a comprare i suoi libri!
Piera mi ha stregata per la sua scrittura, i suoi personaggi e la sua Napoli
[…] a raccontare storie sempre diverse. Tra i miei preferiti, due nomi come esempio: Andrej Longo e Piera Ventre. Nella mia ricerca di questi autori diversi, una delle mie stelle polari è la rubrica settimanale […]
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[…] succede se una scrittrice che amo, Piera Ventre, che è di casa in questo blog, incontra una casa editrice che amo, Marotta & Cafiero, che è […]