Come lettore, sono curioso di scoprire storie e autori di tutto il mondo, ma non per questo disdegno gli scrittori italiani. Vado in particolare alla ricerca di autori contemporanei, ma non di quelli lanciati dalle grandi case editrici, che sono nelle vetrine di ogni libreria e sulla bocca di tutti; cerco invece quegli scrittori che, con uno stile personale e riconoscibile, riescono a raccontare storie sempre diverse. Tra i miei preferiti, due nomi come esempio: Andrej Longo e Piera Ventre. Nella mia ricerca di questi autori diversi, una delle mie stelle polari è la rubrica settimanale che Piergiorgio Paterlini tiene su Robinson, “Testo a fronte”. Grazie alle sue parole, scopro non solo gli autori da evitare, ma anche quelli che vale la pena leggere. Tramite questa rubrica ho scoperto autori quali Flora Fusarelli, e, anni fa, Alessio Forgione.
La mia ultima scoperta, che vi vorrei raccontare oggi, è Veronica Pacini, con il suo romanzo Il corpo della femmina, pubblicato da Fandango, che lo presenta così:
Non un romanzo ma un pellegrinaggio profano lungo le tappe del dolore, del piacere, del senso di colpa, della consapevolezza, della vergogna e dell’orgoglio.
Nella cittadina di campagna dove vive, in una provincia italiana senza nome che è ogni provincia, a mano a mano che cresce, Erica attraversa un vissuto multicolore: i compagni di scuola che la toccano, le violenze della sorella maggiore che sfoga su di lei le proprie gelosie, gli albori dell’autoerotismo e la scoperta del sesso nei discorsi tra amiche, fino alle prime uscite con i ragazzi e i falò di Ferragosto in cui il desiderio è il dispotico regista di una realtà tanto intensa da essere quasi inavvicinabile.
Come per schermirsi dalla vulcanica vitalità del corpo, Erica si consegna all’ascesi mistica, giocando a seppellirsi come i santi nei boschi o con un digiuno catartico che renderà la sua pelle trasparente e i suoi occhi luminosi.
Erica colleziona santi, costruisce genealogie di martiri, si immagina apostolo di una nuova religione in cui il desiderio è negato; e quando i desideri della carne diventano troppo pressanti, l’unica soluzione è punirsi.
Ma dal corpo non si scampa se non con la morte.
Un esordio letterario di incredibile maturità, che riesce a essere diretto, disturbante e poetico a un tempo, la storia di una vita qualsiasi che è la vita di tutti, se si ha il coraggio di ammetterlo.
Ho letto questo libro mentre ero in vacanza, casualmente pochi giorni dopo la lettura di un altro libro che, con un approccio completamente diverso, parlava del corpo femminile, Il pittore che divora le donne. Grazie al libro della Pacini, oltre al mio viaggio reale a Sao Tomè, ho compiuto un viaggio virtuale per conoscere il corpo delle donne. Si parte dall’infanzia, dalla scoperta del proprio corpo che porta alla consapevolezza di sé, passando per la scoperta del dolore, per poi arrivare alle prime pulsioni sessuali (bellissima la descrizione delle sensazioni che portano la protagonista preadolescente al piacere) , al sesso vissuto come colpa, tanto da portare alla negazione del corpo, per poi evolversi, fino ad arrivare, con la morte, alla liberazione dal corpo. Leggevo questo libro pensando alla lezione di Annie Ernaux, ovvero che le donne di tutto il mondo saranno veramente libere quando potranno disporre pienamente del proprio corpo, e mi rendevo conto di quanta strada ci sia ancora da fare, ma anche quanto sia importante che i diritti già acquisiti siano continuamente esercitati, difesi, coccolati. Parallelamente riflettevo sul fatto che, mentre le donne in genere parlano tra loro del loro corpo, la stessa cosa non avviene fra gli uomini, o avviene in misura molto più ridotta. I maschi affrontano la prima polluzione completamente soli, non condividono eventuali problemi di natura sessuale, raramente parlano, superata una certa età, si screening preventivi alla prostata e all’apparato genitale in generale. La Pacini, al suo esordio letterario, ha scritto un libro coraggioso e necessario, mostrando il talento necessario per diventare una grande scrittrice; altrettanto necessario sarebbe leggere un equivalente maschile che, per quanto mi risulta, non è ancora stato scritto. Chissà che qualcuno, leggendo Il corpo della femmina, non trovi ispirazione per scrivere Il corpo del maschio.
Molto interessante Maurizio
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