Kibogo è salito in cielo: il ritorno della Mukasonga

di Scolastique Mukasonga

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In queste settimane di siccità, ho letto e visto immagini di preti cattolici che organizzavano messe con preghiere speciali, affinché tornasse la pioggia. Non ho potuto fare a meno di domandarmi quale differenza ci sia tra queste manifestazioni e le danze della pioggia africane, alle quali i cattolici guardano con tanta superiorità e sufficienza.

Avendo scoperto per caso che la scrittrice ruandese Scholastique Mukasonga, della quale avevo apprezzato, circa dieci anni fa, il romanzo Nostra Signora del Nilo, ha appena pubblicato in Italia, per l’editore Utopia con la traduzione di Giuseppe Giovanni Allegri, un breve romanzo su questo tema, dal titolo Kibogo è salito cielo, mi sono precipitato a comprarlo e a leggerlo.

L’editore riassume la trama così: Quando gli abitanti del Ruanda entrano in contatto con i padri missionari cattolici, un nuovo culto si affianca alle antiche credenze locali. Il re accetta il battesimo e il cattolicesimo irrompe nella vita dei suoi sudditi. I missionari, infatti, condannano ogni rito indigeno, consacrando il Ruanda a Gesù. Tra le leggende locali, però, ce n’è una molto simile alla storia di Cristo. È un racconto che scavalca il tempo per consegnarsi al mito. Ne è protagonista Kibogo, colui che riportò sulla Terra una pioggia da tempo agognata, salvando gli uomini dalla siccità, per poi essere assunto in cielo. La confusione tra i due culti è, dunque, inevitabile. Di fronte alla grande siccità, che non si arrende e uccide, perché non invocare anche Kibogo affinché la pioggia ritorni? Con l’ironia e la lucidità che la contraddistinguono, Mukasonga elegge il sincretismo a protagonista di un intero romanzo.

Come dieci anni fa, la Mukasonga non delude le aspettative. Ci racconta della “Ruzagayura”, la grande carestia, e, attraverso tre personaggi principali, Akayezu, Mukamwezi e Kibogo, ci descrive non solo come gli abitanti del villaggio affrontino gli eventi, ma anche ciò che fanno i missionari europei e gli studiosi. Con il linguaggio gentile ma fermo, ricco non solo di ironia, ma di tanto sarcasmo, che contraddistingue la scrittura della Mukasonga, la scrittrice mette in evidenza tutte le incongruenze della religione cristiana, e più in generale del colonialismo. Riesce, senza mai accusare, a far vedere al lettore quanto la storia e la cultura locale siano state mortificate in nome di una presunta civiltà superiore. Solo il professore universitario bianco riesce a fare un minimo di autocritica, affermando “Anche i popoli senza scrittura hanno le loro biblioteche”.

Il premio Nobel per la Letteratura 2003 J.M. Coetzee ha usato le seguenti parole per descrivere il libro: “Mukasonga soffia su un mondo scomparso e lo riporta in vita in tutta la sua vivace multiformità”. Il quotidiano inglese The Guardian scrive che “Per la sua capacità di trarre arte dalla testimonianza, Mukasonga è stata candidata al premio Nobel per la letteratura”, mentre il quotidiano francese Le Figaro definisce questo romanzo “Un libro meraviglioso”. Mentre in Francia la Mukasonga è pubblicata da un grande editore come Gallimard, in Italia i grandi editori la ignorano; dobbiamo ringraziare gli editori indipendenti quali Utopia, e prima ancora 66th and 2nd, per poter leggere in italiano questa signora scrittrice.

3 Comments

  1. Grazie Maurizio per portare alla nostra attenzione questo libro che sembra regalare del fertilizzante all’attuale siccità intellettuale del nostro mondo occidentale. Si, da diffondere !

  2. Secondo me Scholastique Mukasonga è una scrittrice bravissima, Anche io ho avuto il piacere di leggere il romanzo Nostra Signora del Nilo e ne sono rimasto piacevolmente colpito. E’ sicuramente uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi anni, quindi sicuramente leggerò anche il suo ultimo romanzo.

    Grazie Maurizio

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